Benevento

L'astensione dalle udienze nelle quali, il prossimo 15 giugno, è impegnato il giudice Loredana Camerlengo. L'ha deliberata la Camera penale di Benevento per l'episodio accaduto mercoledì scorso in aula, dove era stato registrato uno 'scontro' tra il magistrato e l'avvocato Angelo Leone, quest'ultimo avvertito che, se non l'avesse smessa - aveva eccepito l'utilizzabilità di un documento -, sarebbe stato allontanato dall'aula.

Nel documento, firmato dal presidente Simona Barbone e dal segretario Nico Salomone, si ricorda che “attraverso l’audizione dell’Avv. Angelo Leone innanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Benevento, allargato alla partecipazione del Presidente della Camera Penale di Benevento, si è appreso che il Giudice a fronte del legittimo svolgimento della propria funzione difensiva, ha ripetutamente tolto la parola al difensore fino a minacciarlo di espulsione dall’aula; che si è potuto accertare che il GUP ha assunto un comportamento in udienza che si è posto totalmente al di fuori dell’ordinaria dialettica processuale e si è risolto in un attacco inaccettabile alla persona del difensore ed alla funzione difensiva che stava legittimamente esercitando”.

I penalisti sottolineano che “nel verbale redatto a mano dal cancelliere di udienza, di cui si è acquisita copia, sebbene non sia stato riprodotto fedelmente quanto accaduto, si legge chiaramente che l’Avv. Leone veniva redarguito ed ammonito che se il suo atteggiamento fosse continuato sarebbe stato allontanato dall’aula; che il successivo tentativo dello stesso difensore di comprendere le ragioni di un simile comportamento, anche al fine di appianare eventuali fraintendimenti ed in un’ottica compositiva, è naufragato a causa del permanere dell’atteggiamento ostile del giudicante”.

L’episodio viene definito “di una gravità assoluta in quanto totalmente compromesso il diritto di difesa come costituzionalmente garantito ed altresì delegittimata la funzione difensiva; che non v’è alcuna norma che consenta l’espulsione dall’aula del difensore nell’esercizio legittimo delle sue funzioni”. Inoltre, vinee evidenziato che “è necessario scongiurare qualsiasi tentativo di sminuire il ruolo e la funzione della difesa, anche attraverso atteggiamenti “intimidatori”, come quelli che si concretizzano nella prassi di invitare le difese a contenere il più possibile i tempi del proprio intervento orale, quasi che questo fosse inutile orpello ed ostacolo alla definizione delle procedure, e non un irrinunciabile momento dialettico; che l’episodio si iscrive in un più generale contesto di progressiva marginalizzazione del ruolo del difensore, delle funzioni costituzionali che esercita e delle garanzie processuali, che suo tramite, vanno riconosciute al proprio assistito, denunziata sempre più spesso dagli iscritti alla nostra camera penale soprattutto in relazione allo svolgimento delle udienze innanzi all’Ufficio GIP/GUP”.;

La Camera penale rimarca che “le evidenze appena rassegnate rappresentano motivo di grande allarme per la reputazione della giurisdizione, che, è bene ricordarlo, rappresenta un’ineludibile garanzia per il cittadino, che ha diritto ad una valutazione piena del merito dell’accusa ad opera del Giudice, e che l’Unione delle Camere Penali Italiane ha fatto della salvaguardia del diritto di difesa dell’imputato, della sua esplicazione senza limiti di sorta e delle connesse garanzie processuali, una battaglia che le singole camere penali territoriali convintamente sostengono; che solo un leale dibattito tra accusa e difesa nell’aula di giustizia, innanzi al Giudice naturale, terzo e imparziale, può garantire che l’atto in sé drammatico e tremendo della eventuale comminatoria di una pena, non venga percepito come un’ingiustizia; che è, dunque, matura la stagione per richiamare la magistratura giudicante, l’avvocatura e la pubblica opinione alla condivisione dei principi innanzi illustrati, su cui non si crede si possa minimamente transigere da parte di alcun operatore del diritto”.

Da qui la scelta dell'astensione solo per il 15 giugno, alla luce delle norme del Codice di regolamentazione che vietano la fissazione di scioperi a singhiozzo, prevedendo almeno 15 giorni tra una protesta e la successiva.