Avellino

Qualche tempo fa aveva parlato di politica internazionale faccia a faccia con Papa Francesco. Ma, dicono i bene informati, il confronto era stato più profondo, sfiorando anche temi personali, come i percorsi religiosi, umani e, ovviamente, politici. Perché a 94 anni, compiuti il 2 febbraio, Ciriaco De Mita, leader della Democrazia cristiana, ex presidente del Consiglio, svariate volte ministro e parlamentare europeo, è morto restando ancora in campo: da sindaco, eletto con l'Unione di centro, di Nusco, il paese dell'Irpinia che gli aveva dato i natali nel 1928.

Con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l'amicizia durava da una vita e dal Quirinale, aveva rivelato la figlia Antonia, era giunta una telefonata dopo l'operazione, a febbraio, per la frattura al femore. Oltre a quella per il compleanno, puntuale ogni anno. C'è chi ha detto che la Prima Repubblica non sia mai finita e in qualche modo è stato vero per De Mita, lontano dalla politica nazionale già dall'inizio del millennio eppure sempre presente e appassionato al dibattito politico fino a diventare rappresentante del fronte avverso al referendum costituzionale nel 2016. Che si sa come andò. A 88 anni non si tirò indietro davanti all'idea di un confronto in tv con l'allora premier e "rottamatore" Matteo Renzi.

Un duello nel quale non mancarono stoccate personali. Fino alla rivendicazione orgogliosa della propria storia: "Io sono nato e morirò Dc mentre tu non so cosa sei", disse allora De Mita a Renzi. La sua storia inizia nella Dc, nella sinistra della Democrazia cristiana: diventa segretario del partito dal 1982 al 1989, anno dell'ultimo congresso nazionale, e presidente fino al 1992. Dal 13 aprile 1988 al 22 luglio 1989, invece, il ruolo di presidente del Consiglio. Laureato in giurisprudenza all'università del Sacro cuore di Milano, lavorò all'Eni di Enrico Mattei, nel 1956 il primo incarico dentro la Dc, fu eletto deputato nel 1963. Il primo ruolo di governo risale al 1968 come sottosegretario all'interno del governo di Mariano Rumor.

L'ultimo incarico di livello nazionale, dopo la stagione di Tangentopoli da cui uscì, tra i pochi politici di spicco, senza coinvolgimenti, fu quello di presidente della cosiddetta seconda bicamerale per le riforme costituzionali tra il 1992 e il 1993. Nel 2001 e nel 2006 fu eletto con l'Ulivo, prima nella Margherita e poi nel Pd, per approdare - e non essere stato eletto per la prima volta nel 2008 dopo undici legislature - nell'Unione di centro. Per il secondo mandato a Nusco decise di ricandidarsi all'ultimo annunciando di essere spinto dall'esigenza di "combattere la stupidità", "sono stordito dal trionfo della stupidità in politica. Si insegue l'evento senza comprenderne le ragioni. Mi riferisco in particolare alla Lega e ai 5 Stelle". Vinse con il 60% dei voti.