Benevento

Questa riforma non s'ha da fare. Perchè “non accorcerà di un giorno la durata dei processi, ma cambierà la figura del magistrato in contrasto con quanto previsto dalla Costituzione”. Parola del giudice Simonetta Rotili, che ha aperto il primo dei due momenti della manifestazione organizzata questa mattina in occasione dell'astensione delle toghe contro il testo del ministro Cartabia che nei prossimi giorni passerà al vaglio del Senato.

Uno sciopero indetto dall'Anm che a Benevento ha fatto registrare un'alta adesione, ma anche il no, non alle ragioni della protesta, ma alla forma scelta ( “Non possiamo scioperare perchè siamo sottoposti alla legge”), espresso da alcuni magistrati in forza al Tribunale e alla Procura. Nel mirino delle critiche due termini: “gerarchizzazione e verticalizzazione”, ovvero “la separazione delle funzioni, la valutazione periodica di professionalità, l'uso della leva disciplinare”. Tappe di un iter che – ha continuato Rotili, affiancata dai colleghi che hanno aderito all'iniziativa - “creerà una magistratura alta e una bassa, che aumenterà l'ansia di carriera, con magistrati impauriti dalle ripercussioni delle loro decisioni, che non saranno più indipendenti sia all'esterno, sia all'interno, perchè dovranno seguire, anche in Tribunale, le direttive dei capi degli uffici".

Nell'aula Falcone-Borsellino il confronto si è poi fatto a più voci. Il sostituto procuratore Assunta Tillo, presidente della sottosezione di Benevento dell'Anm, si è detta “favorevole ad una riforma, purchè sia buona, sottolineando che lo sciopero è stato fatto non per difendere una casta, ma “per la giustizia che è un bene comune, dei cittadini”. Ben vengano le “riforme contro la degenerazione correntizia del Csm ed il carrierismo”, non certo quella in gioco, che “introduce il produttivismo qualitativo (“Il voto in pagella del capo dell'ufficio, un magistrato condizionato dalle pronunce di legittimità”) e spinge il Pm in una dimensione esclusivamente accusatoria che rappresenta un passo in avanti verso la separazione delle carriere”.

Accenti forti che il sindaco Clemente Mastella ha provato a smorzare, rinfocolando il tema dell'”umanesimo giudiziario”, evidenziano la “necessità di una ripresa del dialogo tra Anm e parte politica”. Dito puntato contro la lunghezza dei processi, l'“ideologismo” che ha segnato alcune inchieste, poi l'ex Guardasigilli ha difeso il lavoro svolto a via Arenula, che “aveva permesso di emendare la riforma Castelli”.

Un merito che il procuratore Aldo Policastro gli ha riconosciuto (“Ha eliminato alcune distorsioni gravissime della riforma del 2006 nella quale affonda la vicenda Palamara”), prima di lanciare l'affondo: “La politica è preda di un'unica ossessione: arginare le indagini dei Pm. Vogliono riportare la magistratura ai porti delle nebbie vissuti negli anni '70 ed '80, vogliono una magistratura dominata dai Procuratori generali, attenta alle statistiche e non alla qualità. Vogliono che ci occupiamo solo di rapinatori, ladri e spacciatori”. Stefania Pavone, presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, ha auspicato “cooperazione tra le parti”, rappresentando “lo sconcerto per lo sciopero dell'Anm”.

Duro l'intervento del giudice Ida Moretti, del comitato direttivo centrale dell'Anm: “Abbiamo perso credibilità, ma non è questa la riforma che può restituircela. Siamo già sottoposti ogni 4 anni a valutazione di idoneità, il rischio è che con le nuove norme la magistratura sia ancora più oligarchica”. E ancora: “Siamo per il sorteggio dei candidati al Csm, siamo per la turnazione ogni 4 anni ai vertici degli uffici, solo per spirito di servizio, abbiamo chiesto il ritiro dei 200 colleghi che lavorano nei Ministeri”. Annamaria Nifo Sarrapochiello, preside del corso di laurea di Giurisprudenza all'Unisannio, ha centrato la sua attenzione su una “riforma necessaria dal punto di vista economico”, non nascondendo la sua preoccupazione sul rischio che la stessa “non sia stabile e duratura”, dunque non strutturale.

A rompere il clima di sostanziale unanimismo è stato Vincenzo Regardi, vicepresidente dell'Ordine forense: “Il Pm è una parte, non è terzo nel Codice, nel processo, mai sentito di indagini a favore dell'indagato – ha tuonato-. La difesa vuole un Pm rigido, autorevole, che applichi le norme”. Per il legale, “il vulnus è la durata dei procedimenti”, ecco perchè “i processi che oggi si celebrano sono solo quelli per reati a rischio di prescrizione”. Dove era la magistratura - si è chiesto retoricamente-, che ora contesta il conformismo culturale, "quando la Cassazione definiva inammissibili i ricorsi delle difese perchè difformi dall'orientamento giurisdizionale? Invece di accettare l'ufficio del processo, avreste dovuto insistere per un incremento dei magistrati”. In cauda venenum: “La separazione delle carriere tra inquirenti e giudicanti non fa danni, peraltro è il perno sul quale si fonda il processo accusatorio. Perchè siete contrari?”.

Argomenti, quelli spesi da Mastella e Regardi, ai quali ha replicato Rotili: “Non abbiamo scioperato per mostrare i muscoli alla politica, mi fido più di un Pm che controlla la polizia giudiziaria e non di un Pm al di fuori della giurisdizione”.

Vincenzo Sguera, segretario dell'Ordine degli avvocati, ha ribadito il suo apprezzamento della valutazione del magistrato prevista dalla riforma, “il cui spirito è superare la degenerazione del correntismo”.

Hanno preso parte al dibattito, tra gli altri, anche Serena Ucci, della 'Giustino Fortunato', e Michele Martino, referente provinciale di Libera. Erano trascorse oltre 2 ore e mezza dal suo inizio, la mascherina era diventata insopportabile.