Uno è accusato di aver fornito una carta d'identità ed una tessera sanitarie false alla Squadra mobile ed ai carabinieri che lo avevan scovato, interrompendone la latitanza, l'altro di favoreggiamento, per averlo ospitato nella sua abitazione. Sono agli addebiti a carico, rispettivamente, di Corrado Sparandeo, 36 anni, già noto alle forze dell'ordine, e ad Alessandro Straccia, 49 anni, entrambi di Benevento, imputati in un processo – la discussione e la sentenza del giudice Daniela Fallarino sono previste per il 16 dicembre- che nell'udienza di oggi ha fatto registrare le deposizioni dell'ex capo della Mobile sannita Emanuele Fattori (da due anni a Trapani) e del tenente colonnello Angelo Zerella, comandante del Nucleo operativo del Reparto operativo provinciale dell'Arma. Hanno risposto alle domande della parti, quelle della difesa, rappresentata dall'avvocato Antonio Leone, si sono concentrate soprattutto sull'assenza di elementi in grado di indicare Sparandeo come autore delle contraffazioni, e di definire come ospitalità l'accoglienza offerta da Straccia.
L'episodio incriminato risale alla notte tra il 5 ed il 6 agosto del 2019, quando agenti e militari avevano fatto 'visita' ad un appartamento di via Cifaldi nel quale avevano scoperto Corrado Sparandeo, ricercato perchè condannato in via definitiva dalla Cassazione- e come lui altre dieci persone- il 28 febbraio, per l'indagine 'Tabula rasa', diretta dal pm della Dda Luigi Landolfi, e condotta nel 2014, dai carabinieri, contro il clan Sparandeo. Per l'allora 33enne una pena di 12 anni, 11 mesi e 27 giorni per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga.
Come avete fatto, sono appena arrivato, aveva detto a coloro che lo avevano bloccato e trasferito in carcere. Era invece finito ai domiciliari Alessandro Straccia, tornato in libertà dopo la convalida. Comparso dinanzi al gip Maria Ilaria Romano, aveva sostenuto di conoscere Corrado Sparandeo e di ignorare che fosse latitante. Aveva affermato che la sera del 5 agosto, mentre stava preparando la cena – aveva allestito anche un barbecue – qualcuno aveva bussato alla porta.
Lui aveva aperto, convinto che fossero i congiunti, fino a quel momento in giardino, ma si era trovato di fronte Corrado Sparandeo e gli aveva domandato perchè fosse lì. Volevo farti una visita, gli avrebbe risposto lui, che si era poi accomodato. Una presenza, la sua, durata una decina di minuti: il lasso di tempo trascorso fino al blitz delle forze dell'ordine.
Nel motivare la decisione di non adottare alcun misura cautelare nei confronti di Straccia, il giudice aveva sottolineato che “i gravi indizi di colpevolezza risultano più incerti da una lettura approfondita e complessiva degli atti”, che “non vi sono elementi per ritenere che Straccia stesse offrendo ospitalità duratura allo Sparandeo, in assenza, al momento della perquisizione, di elementi idonei a far ritenere una permanenza stabile dello stesso Sparandeo nell'abitazione in cui Straccia abita con la sua famiglia (totale assenza di effetti personali dello Sparandeo)”.
La dottoressa Romano aveva rilevato, inoltre, “che, sotto il profilo psicologico del reato contestato, l'ordine di esecuzione (la pena da scontare ndr) veniva notificato allo Sparandeo soltanto nella serata del 5 agosto, e che, pertanto, la condizione giuridica dello Sparandeo poteva non essere precisamente conosciuta dall'indagato”, e che, poiché Sparandeo “è cugino della moglie dell'indagato, neppure del tutto inverosimile può essere ritenuta la ricostruzione offerta da Straccia in ordine alle motivazioni per le quali Sparandeo si trovasse nella sua abitazione, e quindi, all'occasionalità dell'incontro”.