Avellino

Alla luce degli ultimi atti e delle scelte politiche maturate in materia di rifiuti, Azione resta come sempre piuttosto basita per le decisioni assunte ed il silenzio della politica locale.

La scelta della Regione di prevedere i due impianti di Montella e Solofra, se da un lato fa tramontare definitivamente l’ipotesi Chianche e i proclami mirabolanti che qualcuno ha negli anni propinato alla nostra terra, fa sorgere diversi interrogativi che necessitano di una riposta.

La individuazione di due impianti in grado di trattare 49.000 tonnellate di umido ciascuno, a cui si aggiungono le circa 8.000 tonnellate dell’impianto di Teora, determina il superamento del principio della provincializzazione.

Poichè è evidente che se la nostra provincia produce circa 50.000 tonnellate di umido all’anno, l’Irpinia finirà con lo smaltire più del doppio del suo fabbisogno diventando nuovamente la pattumiera della Regione.

Fa specie che i 4 consiglieri regionali eletti in Irpinia non si siano accorti di questo ennesimo schiaffo e che in silenzio consentano che da Salerno e Napoli si provi a trasformare questa terra nel ricettacolo delle incapacità gestionali delle altre province.

Alla luce di quanto emerge il Piano d’Ambito esistente appare ancor di più inadeguato alla gestione del ciclo dei rifiuti, non solo per la parte umida, ma nella sua struttura: mancano la definizione degli Sto e manca soprattutto una definizione dei contratti di affidamento dei servizi che vanno messi a gara.

In questo momento i riferimenti istituzionali di questa terra devono rispondere alla domanda se esistano o meno le condizioni in questa provincia per essere autonomi nelle scelte strategiche riguardo alle comunità amministrate.

Se è vero che l’irpinia ha bisogno di dotarsi di un’impiantistica e di infrastrutture efficienti (non solo per lo smaltimento dell’umido), è altrettanto vero che questa esigenza va collocata in un attento piano d’Ambito, capace di poter tradurre le istanze delle comunità in risultati economicamente sostenibili.

I luoghi candidati ad ospitare gli impianti non vanno selezionati sulla base delle comodità e convenienze del momento, ma in base a scelte di piano lungimiranti, che richiedono una rappresentanza istituzionale colta, capace e seria.

L’Irpinia non merita questa scimmiottatura di politica ambientalista portata avanti da una classe dirigente che non conosce la differenza tra aerobico ed anaerobico.

La revisione del Piano d’Ambito va attuata alla luce del ripensamento del ruolo del privato e della necessità che l’ATO ristabilisca un corretto rapporto contrattuale con quello che sarà il soggetto gestore ad oggi non individuato, poiché questo influisce sulla determinazione della corretta tariffa.

Azione non è ostile al coinvolgimento dei privati nel completamento del ciclo dei rifiuti, ma pone delle questioni chiare che, lungi dal rappresentare esercizio di vis polemica, non dovrebbero sfuggire prima di tutto ai sindaci delle comunità coinvolte, ormai preda più delle logiche di posizionamento che della tutela dei cittadini amministrati, e che non possono sfuggire, in particolare, neanche al neo eletto presidente dell'Ato rifiuti.

Azione si chiede, ad esempio, come sarà possibile inserire il privato nel sistema di smaltimento della frazione umida e con quali criteri verranno stabilite le tariffe, ovvero i costi, a carico della parte pubblica, ricordando che per i comuni ospitanti si prevedono cospicui incentivi economici.

La risposta a tali domande diventa quanto mai urgente poiché è evidente che in danno dell’Irpinia si sta giocando l’ennesima partita tra le consorterie politiche delle aree costiere.

Alla politica irpina spetta il compito di evitare l’ennesimo scempio; agli irpini spetta quello, ben più importante, di ricordarsi alle prossime elezioni dei nomi, cognomi e delle facce di chi in silenzio consente che l’Irpinia subisca l’ennesimo schiaffo.