C’era da aspettarselo, Liberato è tornato. Dopo un anno di silenzio, il cantante senza volto e dall’identità musicale inconfondibile ha regalato, alle 23.59 di lunedì 9 maggio (una data non casuale che è diventata un appuntamento fisso, ormai) un nuovo disco: Liberato II.

Ventisette minuti, meno di mezz’ora. Sono sette le nuove canzoni dell’album: Partenope, Nunce penzà, Nunneover, Anna, Guagliuncella napulitana, Cicerenella, Na storia ‘e ‘na sera. Un nuovo capitolo di una bella storia tutta napoletana, dove il protagonista è anonimo e ciò che emerge è la musica.

Tema ricorrente l’amore, ma non solo. O almeno non nel senso più “semplice”. Il nuovo lavoro di Liberato è, ancora una volta, un meltin pot di generi, dialetto e lingue, storie. Dove la tradizione napoletana ne esce valorizzata e stravolta da una modernità che la celebra e sveglia, ma mai snatura. Una cifra stilistica unica e chiara, sin suoi primi singoli, che riemerge anche nelle nuove canzoni, ma non in chiave banale.

La contaminazione si fa sentire parecchio nel suo ultimo lavoro, (il lato reggaeton è forse fin troppo presente nella parte strumentale del brano Nunneover). Ma la sua caratteristica principale, l’unione di mondi paralleli, continua ad essere l’elemento portante. Ne è l’esempio la maliziosa tarantella 3.0 Cicerenella: una canzone popolare napoletana dell’800 già finita in tendenza su YouTube grazie alla sua rivisitazione in chiave elettronica-dance. Ciliegina sulla torta: ad accompagnare il brano uno show di burattini.

E se da una parte ci sono canzoni già elette, a furor di popolo, colonna sonora della prossima estate (Nunneover, Na storia ‘è ‘na sera, Nunce penzà) e brani-poesie come Anna e Guagliuncella napulitana. E’ nella punta di diamante “Partenope” che l’unione tra Liberato ed il regista Francesco Lettieri rinnova la magia.

Un video racconto in costume, girato al Palazzo Reale di Napoli, che vede come protagonisti l’attore Giacomo Rizzo ("L'amico di famiglia", "Benvenuti al sud") e la danzatrice Tonia Laterza. Un prodotto finale dove nulla è lasciato al caso: dai costumi e sonorità contemporanee con riferimenti alla canzone popolare, allo studio di storia e leggenda.

Nel video di Partenope, la sirena da cui prende il nome la canzone ritorna sulla terraferma per riprendere un anello indossato da Giacomo Rizzo che interpreta il re. Non una sirena “tradizionale”, ma una figura androgina e spigolosa che si finge ballerina e ammalia il protagonista per farsi portare nelle sue stanze. E’ solo lì che Giacomo Rizzo realizza, pochi secondi prima di essere ucciso, l’inganno. Uno sguardo di terrore e poi la fine: da re compiaciuto, a vittima. Partenope lo uccide con il suo canto e una volta tornata in possesso del suo anello, ritorna nel mare. Ma la sua voce non ha nulla a che vedere con le incantevoli melodie delle leggende: appena la sua bocca si apre è la classica sirena di Liberato a risuonare.

La leggenda si ispira a quella della sirena presente nell’Odissea che uccideva i marinai con il suo canto. Innamoratasi però di Ulisse, e scottata dal non essere riuscita nel suo intento, si suicida e il suo corpo vaga nel mare Egeo fino ad attraversare l’intero Mediterraneo ed incastrarsi proprio nel golfo di Napoli. Ma qui a “vincere” è il folklore, che si riappropria di ciò che è suo.

Il brano, il primo del nuovo album, è in realtà la sua perfetta chiusura. Ognuno dei visual dei sei brani successivi si soffermano su un dettaglio contenuto nel video di Partenope: un anello perso o abbandonato su uno scoglio, che torna poi al mare sommerso dalle onde in Nunneover, un misterioso suonatore di clavicembalo in mezzo al mare del Golfo in Guagliuncella Napoletana, un gruppo di danzatrici in costume che ballano sul brano Anna e via dicendo. Sono elementi di un’unica storia senza tempo, di cui Liberato svela sempre un po’ di più e mai tutto.

Non è (più, solo) un esperimento innovativo o un progetto musicale (riuscito). Liberato è una realtà.