Avellino

È stato presentato questa sera al “Bar Enigma”, nella frazione Starze di Summonte, in provincia di Avellino, il libro "Ultras, gli altri protagonisti del calcio” di Sébastien Louis. “Il mondo ultras è sia una cultura sia una sottocultura. Da un punto di vista sociologico è una sottocultura perché non è la cultura dominante in gioco. Da un punto di vista storico è una cultura perché esiste 55 anni, è nata in Italia e si è allargata in tutto il mondo diffondendosi nel Mediterraneo. Ora troviamo gli ultras in Iraq, California, Messico. In tutto il mondo c'è questa cultura che esiste e che continua ad avere un gran fascino per tutti i tifosi” ha spiegato l'autore al microfono di 696 TV e Ottopagine.it.

Louis, ospite all'ombra del Partenio si è soffermato sull'Unione Sportiva Avellino e sulla sua tifoseria: “Avellino è qualcosa di particolare perché non rappresenta una città, ma una provincia intera, che è l'Irpinia. C'è un passato grandissimo, i 10 anni in Serie A, ma poi in Serie A l'Avellino non ci è mai più tornato. Questo, però, rappresenta un punto di forza per quanto riguarda gli ultras e la tifoseria biancoverde: nonostante le vicissitudini societarie, il fallimento del 2009 e il declassamento in Serie D nel 2018, non ha mai smesso di esserci un grandissimo attaccamento perché la squadra di calcio, qui, non è solo una squadra di calcio. L'Avellino è una bandiera. Vivo in Lussemburgo, ho una pizzeria gestita da un avellinese, che ha un gagliardetto della squadra appeso in bella evidenza: rappresenta il legame col territorio. Essere tifoso va al di là del calcio. La vita di Curva è un esempio di aggregazione oltre tutto, finanche oltre la politica: in Curva c'è il tifoso di sinistra e quello di destra l'uno di fianco all'altro; il povero vicino al ricco; l'avvocato di fianco al disoccupato. Parliamo di un'aggregazione fortissima che continua a diffondersi, a prescindere dai risultati della squadra”.

Violenza e solidarietà, la strana coesistenza nel mondo ultras: “Lo stadio e la Curva sono lo specchio della nostra società. C'è molta ipocrisia nella nostra società, lo vediamo al momento col conflitto in l'Ucraina che tutti sostengono mentre fino a qualche tempo fa erano in molti a essere pro Putin. L'ipocrisia gli ultras non ce l'hanno: è vero c'è violenza, ma rappresenta l'1 per cento. Il rimanente 99 è fatto di trasferte, scenografie, solidarietà. Nel corso della pandemia gli ultras hanno raccolto cibo e soldi per gli ospedali e tante cose sono state fatte negli anni. Basti pensare a ciò che è avvenuto in occasione del terremoto de “L'Aquila” quando gli ultras di tutta Italia hanno raccolto fondi per costruire un parco per bambini. Il mondo ultras è ricco e variegato ed è quello che provo a spiegare nel mio libro”.