Benevento

Ormai è diventata, purtroppo, una liturgia; una coazione a ripetere il grido di allarme ogni volta che quel maledetto asfalto viene bagnato dal sangue di una persona. E' accaduto due giorni fa, quando lungo la statale Telesina è stata piazzata l'ennesima croce con il nome di un 31enne di Campobasso la cui esistenza è stata spezzata– mercoledì il medico legale Emilio D'Oro procederà all'autopsia su incarico del sostituto procuratore Maria Colucci - in un terribile incidente nel quale è rimasto gravemente ferito anche un 56enne di Benevento.

Anche stavolta, come in passato, gli organi di informazione hanno restituito, amplificandole, le comprensibili richieste ad intervenire su quella strada, e a farlo in fretta. L'onda emotiva si è alzata a dismisura, per poi precipitare nel breve volgere di qualche ora. Perchè, ormai siamo in qualche modo assuefatti all'idea che lungo la 372 il dolore debba arrivare periodicamente, mentre speriamo che non capiti a noi e ai nostri cari, e che l'intervallo tra un dramma e l'altro sia il più possibile ampio.

Una sorta di accettazione forzata di un destino contro il quale è inutile battersi, in attesa di vedere l'avvio dei lavori di raddoppio di cui si parla da tantissimo tempo.

Il pensiero corre all'incubo che si materializzò lungo la Benevento-Campobasso, nel tratto tristemente noto di Zingara morta. Era l'11 agosto del 2000, una mattinata d'estate impossibile da dimenticare per chi si trovò dinanzi agli occhi le scene di una strage: sette corpi senza vita, tra cui quelli di due bambini. Vittime innocenti che avevano ingrassato un bilancio nel quale, nel corso degli anni, erano già state scritte più voci.

Lo choc fu devastante, l'eco della tragedia superò ampiamente i confini provinciali, diventando l'inevitabile acceleratore delle procedure per la successiva realizzazione delle opere che hanno ridotto drasticamente, grazie al cielo, la contabilità della morte. Quante lacrime versate, quanti mazzi di fiori deposti ai lati della carreggiata. E, poi, le foto di coloro che non ci sono più, quelle delle auto e dei mezzi a bordo dei quali viaggiavano. Meglio non guardarle: la rabbia diventerebbe incontenibile.