Caserta

“La forte denuncia del consigliere togato del Csm Sebastiano Ardita in audizione in Antimafia – “la mafia purtroppo comanda in carcere” - non solo è una delle più autorevoli conferme di quanto diciamo da tempo, purtroppo inascoltati, ma rafforza il nostro allarme: lo stato di totale confusione di governo e politica sulle carceri e l’attenzione da settimane tutta concentrata sulla guerra russo-ucraina hanno fatto finire nel dimenticatoio le drammatiche questioni del carcere”.

A sostenerlo è il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo per il quale “clan, gruppi malavitosi, organizzazioni mafiose, camorriste e ‘ndranghetiste stanno approfittando di questa
situazione e quindi, di fatto, dell’indebolimento dello Stato, per muovere una nuova e più pesante sfida allo Stato, come testimoniano gli atti di violenza tra detenuti e contro il personale penitenziario, in quest’ultimo caso declassati a “fatti di ordinaria amministrazione”.

Eppure la denuncia del magistrato Ardita - “nel carcere c'è il far west, torture e pestaggi, ma questo non è lo stato civile" - dovrebbe far impallidire di vergogna chi ha responsabilità dirette e scuotere Ministro Cartabia, Governo, Parlamento e politica. Invece accade che - continua il segretario del sindacato penitenziari - il Ministro Cartabia, proprio come “Alice nel Paese delle meraviglie”, dopo la recente visita al carcere di Torino, si limita ad esprimere stupore per quello che ha visto ma non è in grado di indicare soluzioni.

Una situazione simile - dice Di Giacomo - non era mai accaduta prima con gli agenti in balia dei criminali e costretti a difendersi come possono. Le azioni annunciate dalla Ministra Cartabia che da tempo ascolta solo i Garanti dei detenuti - continua il segretario del sindacato penitenziari - vanno in tutt’altra direzione, quella dell’apertura di celle e portoni ai detenuti.

La riduzione della popolazione carceraria in sostanza è considerata l’unica strada da seguire. Per restare alla denuncia del magistrato Ardita la “madre di tutti i mali” è la cosiddetta sorveglianza dinamica che di fatto ha prodotto un 'autogoverno' delle carceri basato su gerarchie criminali."