Benevento

L'appuntamento è in programma il 9 maggio dinanzi al gup Gelsomina Palmieri, che dovrà decidere se spedire a giudizio, come ha chiesto il sostituto procuratore Assunta Tillo, o dichiarare il non luogo a procedere nei confronti di quattro poliziotti (e di un quinto da tempo in pensione) tirati in ballo da una inchiesta della Digos su una presunta truffa in materia di ore di straordinario.

Si tratta dell'indagine di cui l'opinione pubblica era venuta a conoscenza alla fine di luglio del 2021, quando la sospensione per un anno dall'esercizio dei pubblici uffici era stata ordinata dal gip Vincenzo Landofi nei confronti di Maria Cantone (avvocato Angelo Leone), di Montesarchio, all'epoca dei fatti assistente capo coordinatore della Digos, e Giovanni Lollo (avvocato Marcello D'Auria), di Benevento, ispettore superiore presso l'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico. La misura era stata.revocata a Cantone dopo l'interrogatorio di garanzia e e confermata anche dal Riesame e dalla Cassazione (il pg aveva proposto l'annullamento per il falso) per Lollo.

A loro si aggiungono Giuseppe Tretola (avvocati Antonio Leone e Giuseppe Arena), di San Leucio del Sannio, Gianni Nardone (avvocato Vincenzo Sguera), di San Martino Sannita, ed un agente da tempo in pensione: Achille Botticella (avvocato Domenico Russo), di Sant'Angelo a Cupolo, nei confronti dei quali non era stata proposta alcuna misura.

Per Cantone gli addebiti di truffa, falso, omissione in atti di ufficio - relative alle attestazioni di entrata ed uscita dei mezzi e alle ore di straordinario- per Lollo anche quelle di peculato ( uso ritenuto improprio di auto e computer) e rivelazione di segreti di ufficio.

Come più volte ricordato, entrambi avevano respinto gli addebiti dinanzi al Gip. Cantone aveva richiamato, per sottolineare la correttezza dei suoi comportamenti, una presunta autorizzazione del Questore, che durante il lockdown del 2020 (a suo carico episodi tra marzo e maggio, per un importo complessivo di circa 480 euro ), d'intesa con le rappresentanze sindacali, avrebbe chiesto al personale turni di lavoro a gruppi dalle 8 alle 20, con la possibilità di anticipare di un'ora l'orario di inizio e di posticipare di due quello della conclusione, per non perdere lo straordinario programmato.

Da parte sua, Lollo ( per lui truffa e tentata truffa sullo straordinario per 150 euro complessivi) aveva rivendicato di aver fatto sempre più del dovuto, e solo per motivi di ufficio. Aveva escluso di aver usato l'auto di servizio per fini personali, aveva motivato il possesso di un computer che gli era stato sequestrato in casa durante una perquisizione con la circostanza che il giorno successivo sarebbe stato in smart working.

Inoltre, aveva precisato sempre di aver fatto i controlli incriminati,spiegando l'accesso alla banca dati con ragioni di ordine pubblico legate alle richieste che gli arrivavano da Botticella (per lui l'accusa in concorso di rivelazione di segreti di ufficio), un ex collega, preoccupato per il susseguirsi di furti nel centro della provincia di cui era consigliere comunale con delega alla sicurezza. Da qui la ricerca di informazioni sulle targhe di alcune macchine sospette. Per Tretola la contestazione di falso (con Lollo), per Nardone quella di omissione in atti di ufficio (con Lollo e Cantone).