Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Lucia Tufano, una giovane donna che ha perso suo padre in maniera improvvisa, lasciando lei e la sua famiglia nello sconforto più totale.
"Nessuno merita di morire da solo”, così Lucia titola il suo scritto, che vuole essere anche uno sfogo dopo aver visto il genitore morire lontano dalla sua famiglia in un letto dell’ospedale.
”È ciò che mi ripeto ogni istante, dal 22 gennaio, quando, alle 23.35, abbiamo ricevuto quella maledetta telefonata. Sono due anni che lottiamo contro il Covid, che non solo ci ha piegati economicamente, non solo ha causato tanti morti, ma sul piano psicologico continua a procurare dolore e danni. Soprattutto per coloro che sono costretti in un letto di ospedale in completa solitudine. È disumano!
Ho lasciato mio padre il 14 dicembre al pronto soccorso, in piedi, con un problema ematico ma autonomo, cosciente e con la voglia di combattere, l'ho ritrovato il 22 gennaio in una bara! Quaranta giorni tremendi, un susseguirsi di dolore e sofferenza. In questo arco temporale solo tre volte abbiamo avuto la fortuna di vederlo, poi il nulla. Ospedali blindati come se il Covid lo portassero solo i parenti dall'esterno!
Più di qualunque cosa, la sanità andava preservata, sempre. Mio padre aveva 69 anni, ancora tanti progetti da realizzare, ancora tante esperienze da vivere, ancora tanto da insegnare ai suoi 3 nipoti e al quarto, che lui, purtroppo, non conoscerà mai… Mio padre è entrato in ospedale senza sapere della sua malattia, ha dovuto affrontare da solo la paura, l'angoscia, la consapevolezza che il suo tempo stava per finire. Non è morto né di Covid né per Covid ma è stato comunque sua vittima, perché oltre alla malattia al midollo, accertata dopo 20 giorni, ha dovuto affrontare una feroce polmonite che ha reso inevitabile la rianimazione e l'intubazione per 48 ore. È riuscito a svegliarsi, ma da allora è stato solo un degenerare. Oltre alla lontananza fisica dalla sua famiglia, ha dovuto sopportare anche la perdita della voce che non ci ha permesso di avere un dialogo giornaliero, è andato via, magari, col desiderio di comunicarci un qualcosa che non sapremo mai.
Ha dovuto combattere da solo appoggiandosi a quell'unica videochiamata che ci era permesso ricevere giornalmente, perché per fortuna qualcuno ha riservato la sua umanità. Ha lottato 40 giorni aggrappandosi alla possibilità di una riapertura dell'ospedale così da rivedere i suoi affetti, di ricevere quella carezza che gli è mancata, quell'abbraccio tanto desiderato e mai ricevuto.
Mio padre è morto in conseguenza dell'ennesima crisi respiratoria, completamente da solo, accerchiato da persone che hanno tentato di aiutarlo ma i loro volti gli erano comunque estranei.
Ad oggi, nella maggior parte degli ospedali vi sono degenti contagiati e io continuo a chiedermi, a cosa è servito negare a tante famiglie di accompagnare i propri cari verso la fine del loro viaggio, se il Covid continua ad entrare nelle corsie?
Mio padre è andato via silenziosamente e a me rimane solo un grande vuoto e un'immensa tristezza per non essergli stata vicina come avrei voluto e come avrebbe meritato. Una vita spesa per la famiglia, per poi ritrovarsi solo con le sue paure nel momento peggiore per ogni essere umano. Forse, bastava continuare a monitorare le entrate con tamponi e soprattutto far accedere nei reparti completamente bardati, magari in questo modo si sarebbe scongiurato il rischio contagio, ma allo stesso tempo mio padre, come tanti altri degenti, avrebbero ricevuto il regalo più bello, quello di essere accompagnati verso un nuovo cammino.
Queste mie parole non cambieranno molto ma spero aiutino chi ha vissuto la nostra stessa situazione a sentirsi meno soli, soprattutto spero che un giorno nessun altro debba vivere questa brutta esperienza”.