Avellino

Le quattro ore più difficili, quelle che hanno preceduto la lettura della sentenza. Davanti ai cancelli dell'ex Isochimica a Borgo Ferrovia gli ex operai hanno atteso con fiducia ma anche col timore che tutto potesse andare storto, proprio nell'ultimo miglio. Ritrovarsi lì, dopo 40 anni, non è stato facile. I ricordi di quei giorni passati a scoibentare l'amianto dalle carrozze ferroviarie, a mani nude e senza alcuna protezione per le vie respiratorie, hanno preso il sopravvento alimentando la rabbia e il rimpianto per essere stati lasciati soli da chi avrebbe dovuto tutelare la loro salute oltre che il lavoro. Poi, alle 15,00 la notizia: su 27 imputati quattro condanne a dieci anni per due funzionari delle Ferrovie dello Stato e due per i responsabili della sicurezza della fabbrica. “Volevamo una sentenza esemplare per i compagni morti, siamo soddisfatti a metà – dice Carlo Sessa, ex operaio, anche lui malato, come quasi tutti i 330 dipendenti della fabbrica di amianto, che fin dall'inizio ha guidato la lotta per per il riconoscimento del danno – Certo, dopo 40 anni, non nascondo un po' di amarezza. Ma questa sentenza, anche se tardiva, arriva a fare giustizia almeno su un punto che per noi è fondamentale: i mandanti e i criminali che hanno collaborato con Elio Graziano (ex patron della fabbrica, deceduto nel 2017) sono stati ritenuti colpevoli. Le Ferrovie dello Stato sapevano cosa accadeva lì dentro, così come lo sapevano gli enti preposti al controllo sanitario – aggiunge Sessa - Per noi questo rappresenta un punto di svolta, e una nuova partenza. Perché è chiaro che la storia non finisce qui. Vogliamo solo augurarci che Ferrovie non ricorra in appello accanendosi ancora contro gli operai che hanno l'unica colpa di aver fatto il proprio dovere in condizioni disumane”.

Sulla stessa linea Tonino Oliviero, sindacalista ed ex operaio: “Finalmente una parola chiara su questa vicenda. Il dato è da valorizzare. Qualcuno pensava che su questa vicenda calasse una pietra tombale con assoluzioni per tutti. Così non è stato. E siamo felici. Ma questo è solo il primo tassello, non ci fermeremo e ora ci sono le condizioni per agire in sede civile. Resta aperto il grane tema della bonifica. Spero sia chiaro adesso che non è più possibile consentire l'insediamento di attività produttive così impattanti sulla salute e l'ambiente”.

Delusa, con le lacrime agli occhi, la vedova di Luigi Maiello, la signora Antonietta Tomeo che insieme alla figlia ha atteso in religioso silenzio davanti alla lapide posta all'ingresso della fabbrica. I giudici hanno disposto una provvisionale di 50mila euro per ognuna delle famiglie dei 33 ex operai deceduti per patologie asbesto correlate dovute alla prolungata esposizione all'amianto.

“La vita di un uomo non può valere 50mila euro. Nessuno mi restituirà mio marito, lo so. Ma questa decisione non fa giustizia per nessuno. Né per chi è morto né per chi è malato e sta lottando. Il calvario e il dolore che abbiamo vissuto non troverà mai conforto nei soldi, ma la vita di Gerardo non vale 50mila euro”.

Amaro anche il commento di Umberto Petrozziello, oggi vigile urbano a Monteforte, che però alla ferrovia ha lavorato per diversi anni. “Una sentenza che lascia un po' di amaro in bocca soprattutto per chi è malato. Penso a decine di compagni che sono gravi, e non riceveranno nemmeno un euro di indennizzo. Tutti noi abbiamo o diagnosi di patologie polmonari”.

Su questo punto il segretario di Rifondazione Comunista, Toni Della Pia, al fianco degli operai fin dall'inizio, è stato chiaro: “Lo screening sanitario deve continuare. Sia sui lavoratori che sui cittadini di Borgo Ferrovia. Questa sentenza sancisce il connubio che c'è stato tra il privato Graziano e Ferrovie dello Stato che non hanno vigilato sul lavoro di scoibentazione. Mancano a mio avviso tutte le responsabilità politico amministrative di quegli anni che avrebbero dovuto tutelare e vigilare sulla salute dei lavoratori e del territorio, mi riferisco all'Asl e agli enti di controllo. Auspico che Rfi non faccia appello: significherebbe calpestare ancora la dignità di questi lavoratori e di chi è morto, privarli del necessario e giusto risarcimento. Quanto alla bonifica possiamo solo auspicare che finisca presto e bene e che si restituisca quest'area alla città. E su questo – conclude Della Pia – saremo intransigenti. Deve rimanere un'area pubblica e sulla destinazione dovrà sserci un confronto con tutte le forze politiche e i cittadini”.