Avellino

Il pareggio dell'Avellino con il Picerno ha sollevato un vespaio di polemiche. Sui social, dalla serata di ieri, si è registrato un crescendo di commenti piccati; per le strade della città, poca voglia di commentare quello che, da tutti, più che come un pareggio, valso l'ottavo risultato utile consecutivo, è stato accolto come una sconfitta. Demoralizzati, i supporter biancoverdi, nel rivedere il vero e ormai conclamato limite dell'ultimo biennio della squadra: l'incapacità di tenere alta l'attenzione quando c'è bisogno di non rilassarsi contro avversari alla portata e di vincere partite contro chi non si chiamerà Bari, Catanzaro o Palermo, ma che richiede di essere affrontato col piglio giusto, senza quell'alone di fastidiosa e disarmante superficialità che, alla fine, sfocia nel naturale quanto inevitabile epilogo del passo falso, mezzo o pieno, quotidiano.

Dal 2-0 a Vibo Valentia nella trentaseiesima e terzultima giornata della scorsa stagione, quando sarebbe bastato pure un punto per ipotecare il secondo posto in classifica, gettato poi definitivamente alle ortiche con l'1-1 sul campo della Cavese già retrocessa, all'ultima giornata, fino ad arrivare al Picerno, che avrebbe dovuto rappresentare la vittima sacrificale per centrare la terza vittoria di fila attraverso cui arrivare a vele spiegate ai match contro Turris e Bari. Ma nel calcio di vittime sacrificali non ce ne sono. Mai. Ricordarselo è fondamentale per portare a casa l'intera posta in palio. Questione di mentalità vincente su cui riflettere in maniera seria, lunga e approfondita perché se c'è una cosa che proprio non riescono a tollerare, i tifosi dell'Avellino, è il genere di partite come quella vista ieri.

Dove sì, pure la sfortuna, con due traverse centrate ci ha messo il suo, ma che non basta per giustificare un gol regalato agli avversari con un errore grossolano, non il primo della stagione; una frenesia senza lucidità per approfittare dell'uomo in più, stavolta per quasi tutta la ripresa, dopo aver giocato e perso a Viterbo contro il Monterosi Tuscia dove, la superiorità numerica era stata addirittura di un tempo e mezzo. Imperdonabile la mancanza di mordente pure da parte di chi è subentrato. Ed ecco servito il risultato di cullarsi sugli allori. Da cui è il momento di scendere una volta e per tutte per fare l'Avellino. Quello vero. Sempre. Non a fasi alterne; perché dall'altra parte c'è la corazzata di turno o la partita della vita, da non fallire.