Benevento

Ha spiegato che i rapporti con Tiso erano relativi solo alla presentazione dei clienti, precisando il contenuto di tre intercettazioni e documentando l'assenza di introiti dal 2013 al 2016, con l'eccezione di 2mila euro ricevuti da una società. Piergiuseppe Bordi (avvocato Antonio Leone), 42 anni, di Benevento, consulente del lavoro, lo ha fatto durante l'esame al quale si è sottoposto, affermando anche di essersi occupato di una società della moglie di Tiso, nel processo in cui è imputato con altre otto persone.

Un processo nato dall'inchiesta del sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro e della guardia di finanza su una truffa in materia di indennità di disoccupazione. La scelta di rispondere alle domande è stata praticata anche da Pasqualino Pastore (avvocato Mario Villani), 55 anni, della città, che ha escluso di aver avuto un ruolo nell'impresa edile di cui era stato nominato amministratore, sostenendo di non essere a conoscenza di tutto ciò che era stato fatto.

Oltre a loro, a giudizio figurano Cosimo Tiso, 53 anni, di Sant'Angelo a Cupolo, 45 anni, Maria Rosaria Canu, 49 anni, di Sant'Angelo a Cupolo, Gaetano De Franco, 45 anni, Tullio Mucci, 49 anni, Maurizio Marro, 58 anni, Sergio Antonio Fiscante, 58 anni, Gabriella Musco, 45 anni, di Benevento, difesi dagli avvocati Ettore Marcarelli, Andrea Imperato, Federico Paolucci, Massimiliano Cornacchione, Domenico Cristofaro, Mariateresa Del Ciampo.

Le accuse, a vario titolo, vanno dall'associazione per delinquere alla truffa aggravata ai danni dello Stato, ai reati tributari, al riciclaggio e all'autoriciclaggio. Una presunta organizzazione di cui viene ritenuto promotore e dominus Tiso,

Nel mirino è finito un reticolo di società, definite cartiere, che sarebbero servite da un lato per utilizzare ed emettere fatture per operazioni inesistenti e, dall'altro, adoperate per l'assunzione fittizia di personale, per consentire la percezione indebita di indennità di disoccupazione in seguito al licenziamento. Indennità “accreditate sui conti correnti accesi dai beneficiari e versate in tutto o in parte ai vertici” dell'associazione.

Un modus operandi che avrebbe consentito di creare crediti fittizi di imposta da compensare con i versamenti contributivi dovuti per le false assunzioni. Costi mai sostenuti, dunque, ma così sarebbero state gettate le basi per assumere un gran numero di dipendenti, per poi licenziarli e permettere loro di percepire le indennità. Ottantasei i beneficiari delle condotte contestate, le loro posizioni sono state stralciate. Prossima udienza il 21 gennaio.