Avellino

Il mancino educato di Fabio Tito è un pennello che dipinge traiettorie come perfetti arcobaleni alla fine dei quali c'è, spesso, una pentola d'oro per l'Avellino. Un folletto dal piede fatato. Quaranta presenze, 3 gol e 10 assist nella scorsa stagione; tredici, già 2 reti e 3 rifiniture vincenti in quella attuale. Numeri e prestazioni che lo hanno consacrato; lo stanno consacrando, come uno dei top-player della categoria, che, a 28 anni, con tutta una carriera ancora davanti, può cullare pure la motivata ambizione di non accontentarsi della Serie C. La scorsa estate il Südtirol ha messo sul piatto un quadriennale per portarselo a casa. E lo vorrebbe ancora. Anche subito. Il Padova gli propose un triennale. Ma Tito ad Avellino sta bene. Si commosse quando firmò coi lupi perché ha sempre considerato la maglia biancoverde come una tappa prestigiosa nel suo percorso professionale, guadagnata con anni di dura gavetta. Mai un lamento, mai una parola fuori posto. Testa bassa e pedalare in attesa di sviluppi. Tito ha scelto di restare senza un accordo per il rinnovo del suo contratto in scadenza, una condizione per cui, ora più che prima, fa ancor più gola a chi lo voleva e lo vorrebbe. L'Avellino e Braglia non sono, però, dei masochisti e, allora, seppur con ritardo rispetto a pretese tutt'altro che fuori mercato per l'adeguamento e il prolungamento del vincolo in essere, almeno sino al 2023, è il momento di stringere i tempi. C'è da trovare un'intesa entro la fine dell'anno per scongiurare il pericolo di perderlo a parametro zero a partire da gennaio. Fabio Tito e l'Avellino, una storia destinata a proseguire, salvo colpi di scena.