Benevento

Quelle intercettazioni ambientali nella ‘masseria di zì Tore', una casa rurale alla periferia di San Martino Valle Caudina, ai piedi del Mafariello, erano state dichiarate inutilizzabili dalla Cassazione in relazione ai decreti autorizzativi.

Erano l'elemento fondante delle accuse di associazione per delinquere di stampo camorristico ed armi, ecco perchè la Corte di appello ha assolto Domenico Pagnozzi, 61 anni, capo dell'omonimo clan di San Martino Valle Caudina, che era stato condannato a 16 anni e 10 mesi per l'indagine della Dda, della Squadra mobile e dei carabinieri della Compagnia di Montesarchio (nome in codice 'La montagna') che era rimbalzata all'onore delle cronache con un blitz condotto nel giugno 2012. Nel mirino il clan Pagnozzi e le sue ramificazioni nel Sannio, diciotto le persone chiamate in causa.

In primo grado, nel 2015, il Tribunale di Benevento aveva inflitto 19 anni a Pagnozzi: una pena ridotta nel marzo del 2018 dalla Corte di appello di Napoli, che, dopo aver assolto l'imputato, difeso dagli avvocati Dario Vannetiello e Alfonso Furgiuele, da due estorsioni, l'aveva fissata a 16 anni e 10 mesi.

Nel giugno del 2019, però, la Suprema Corte, ritenendo non utilizzabili le conversazioni registrate dalla 'cimice' , l'aveva annullata, rinviando gli atti ad una diversa sezione della Corte di appello. Che, come detto, ha assolto Domenico Pagnozzi,, per il quale potrebbe aprirsi ora la possibilità di un ricorso finalizzato ad ottenere la revoca del carcere duro al quale è sottoposto.

Nel processo si era costituita parte civile l'associazione 'Alilacco Sos impresa', rappresentata dall'avvocato Luca Guerra.