Benevento

Dialogo immaginario tra un padre ed un figlio

L'ansia, più o meno malcelata, corre nelle frettolose conversazioni via cavo e whatsapp o negli sguardi che si incrociano per qualche secondo quando si è di fronte l'uno all'altro. Come stai, hai mangiato? Tutto bene, papà, stai tranquillo. Tranquillo un corno, figlio mio.

Se un giorno diventerai genitore, capirai le mie domande. Lo so benissimo: suonano fastidiose alle tue orecchie che pensano già di averle ascoltate tutte, sembrano una forma di controllo asfissiante che ti provoca fastidio, lo stesso che ho provato anche io quando ero maledettamente giovane come te. Rispondimi, ti prego, e non per accontentarmi.

Non dirmi le cose che sai che mi piacciono, trova la forza per 'vomitare' quelle che ti agitano e ti preoccupano. Alcune posso immaginarle facilmente, ma per quanto esse siano senz'altro importanti, sono le altre che mi inquietano. Quelle che ti tormentano lentamente mentre sei convinto di essere in grado di dominarle, che potrebbero squassarti nei momenti di sconforto, dopo essertele trascinate dietro nella speranza che, d'incanto, sparissero.

Non trattarmi come una persona in là con gli anni, da rabbonire. Sto invecchiando, tu sei la conferma che il tempo scorre inesorabile e non ammette nostalgie. Quanti ricordi, quanti sacrifici. Ma credi davvero, per questo, che i tuoi silenzi, l'espressione che all'improvviso si incupisce, quei sorrisi forzati sfuggano alla mia attenzione? E' capitato un sacco di volte, hai ragione: un comportamento che ho pagato con sensi di colpa che sono ancora lì, per quei no che ti ho sbattuto in faccia, magari su una questione risibile che in quel momento mi appariva rischiosa, solo per paura.

Ne ho tanta, figlio mio, ma il ruolo esige che non debba mostrarla. Che sciocchezza, dio mio. Eccomi, con il cuore e l'anima pieni di te. Parlami liberamente, sinceramente, fallo senza remore. Non ti giudicherò, non potrei mai. Ti ho insegnato a camminare, ad andare in bici, a nuotare, a tirare i calci ad un pallone, a rigare dritto. Perchè sei mio figlio, perciò ti chiedo come stai veramente. Tu replichi che è tutto a posto. E io incrocio le dita.