Benevento

A nessuno è consentito, figurarsi se si indossa una divisa. Ciò che è accaduto ieri mattina al Liceo Guacci, dove un agente della polizia penitenziaria si è presentato armato della pistola di ordinanza perchè il figlio sarebbe stato picchiato da uno studente con il quale avrebbe litigato, è molto grave.

Nessuna indulgenza al facile moralismo e ai giudizi sommari, ma certo l'episodio non può passare sotto silenzio e restare rubricato solo alla voce denuncia per minacce aggravate. Le implicazioni giudiziarie riguardano l'interessato, che ovviamente potrà offrire le sue motivazioni, ma il suo inaccettabile comportamento investe tutti noi, genitori di figli che ogni giorno vanno a scuola.

Perchè, se è comprensibile la corsa di un papà che si sente chiamare al telefono dal figlio che gli ha raccontato ciò che ha subito, non lo è la condotta successiva di chi, per età e lavoro che svolge, dovrebbe conoscere fino in fondo la pesante responsabilità che la detenzione di un'arma comporta. Rimanda ad un ruolo che ne prevede l'uso in casi ben definiti dalla legge, non in situazioni di carattere strettamente personale, peraltro in un ambiente frequentato da centinaia di giovani.

Non è stata una bella scena, immaginate per un attimo cosa avranno pensato tutti coloro che hanno visto arrivare a tutta velocità, in via Calandra, le auto della polizia, dalle quali sono scesi agenti con il giubbotto antiproiettile. Si è temuto il peggio in quei minuti, quando la paura è corsa nelle chat e nelle conversazioni concitate tra coloro che avevano le loro ragazze e i loro ragazzi nelle aule. Una pagina bruttissima, inqualificabile, che nessuno può scrivere, men che meno un appartenente alle forze dell'ordine.