E' slittata al prossimo 18 novembre, per un difetto di notifica, l'udienza preliminare, fissata dinanzi al gup Maria Di Carlo, per le quattro persone di cui la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio nell'inchiesta dei carabinieri sulla morte di Maria, la bimba di 9 anni che il 19 giugno del 2016 era stata rinvenuta senza vita, annegata, nella piscina di un casale a San Salvatore Telesino.
Si tratta di Daniel Ciocan, 26 anni, della sorella Maria Cristina, 35 anni – entrambi difesi dall'avvocato Salvatore Verrillo – e di Antonio Romano, 75 anni, proprietario del complesso ricettivo, e Daniela Romano, 41 anni – sono assistiti dall'avvocato Angelo Leone -, di San Salvatore Telesino, rappresentante legale e responsabile del servizio di prevenzione della struttura.
Per i due Ciocan l'accusa di abbandono di minore: secondo gli inquirenti, la sera del dramma la piccola Maria era con loro a bordo della Polo con la quale Daniel era andato a prendere la sorella a Telese. Loro l'avrebbero condotta prima all'esterno del resort, poi nell'area della piscina; quindi sarebbero andati via e l'avrebbero lasciata lì, senza preoccuparsi del fatto che la bimba non sapesse nuotare e che avesse timore dell'acqua, nella quale si sarebbe immersa, perdendo la vita.
Per i Romano, invece, l'addebito di omicidio colposo, perchè non avrebbero adottato le misure di sicurezza idonee ad evitare l'accesso alla piscina, profonda un metro e mezzo. Imputazioni spuntate nel novembre del 2020 nell'avviso di conclusione dell'indagine, al posto di quelle di omicidio e violenza sessuale prospettate per quattro anni e mezzo a carico di Daniel, per le quali la Procura aveva chiesto l'archiviazione. Una conclusione alla quale si era opposto Marius Ungureanu, il papà di Maria, chiamato anch'egli in causa, per il capitolo dei presunti abusi, al pari della moglie – sono rappresentati dagli avvocati Fabrizio Gallo e Serena Gasperini. Da qui la camera di consiglio dinanzi al gip Vincenzo Landolfi, che a giugno aveva deciso l'archiviazione.
“La morte di Ungureanu Oana Maria è da ricondurre - aveva scritto - non già ad un’azione omicida del Ciocan, bensì all’abbandono della minore. Il prevenuto, infatti, recatosi presso il resort “Borgo San Marino” in compagnia della vittima ( e della sorella ndr), non esercitò la dovuta sorveglianza sulla stessa, non impedendole di immergersi all’interno della piscina. Ed è del tutto plausibile che la minore, a causa della sua incapacità di nuotare, annegò”.
E ancora: “Lo svolgimento dell’ulteriore consulenza medico-legale richiesta nell’atto di opposizione non permetterebbe di acquisire elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Si osserva, in proposito, che i consulenti ed i periti già nominati hanno tutti concordemente escluso la configurabilità dell’omicidio”.
Quanto alla “presunta violenza sessuale subita dalla minore, gli accertamenti peritali hanno fatto emergere dati tutt’altro che univoci: i tecnici, infatti, hanno formulato ipotesi diametralmente opposte. Occorre altresì tenere conto dell'’accertata insufficienza del materiale biologico rinvenuto sugli indumenti sottoposti a sequestro, che ha impedito lo svolgimento di utili esami forensi. Tutto ciò consente di escludere che l’eventuale ulteriore perizia possa fornire elementi sufficienti per esercitare l’azione penale”.