Benevento

Il quadro probatorio cristallizzatosi all'esito dell'istruttoria dibattimentale non consente di ritenere provata alcuna delle condotte delittuose in quanto l'impianto accusatorio, vulnerato in modo significativo dalla declaratoria di inutilizzabilità delle intercettazioni disposte in un diverso procedimento è privo dei riscontri oggettivi e soggettivi”. E' uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza con la quale il Tribunale, lo scorso 22 giugno, ha assolto, perchè il fatto non sussiste, le otto persone coinvolte nell'inchiesta, diretta dal procuratore aggiunto Giovani Conzo e dal sostituto Nicoletta Giammarino, e condotta dai carabinieri, su alcune gare d'appalto del Comune di Benevento che sarebbero state pilotate in cambio di presunte tangenti.

L'assoluzione era stata decisa per Angelo Mancini (avvocato Vincenzo Regardi), 51 anni, di Benevento, ex dirigente di Palazzo Mosti, coordinatore dei progetti del Piu Europa, Angelo Collarile (avvocato Monica Del Grosso), 49 anni, Fioravante Carapella (avvocato Nunzio Gagliotti), 59 anni, Antonio D'Addona (avvocati Vincenzo Fiume ed Antonello Aucelli), 57 anni, di Montecalvo Irpino, Guido Mastantuono (avvocato Alessio Lazazzera), 55 anni, di Montecalvo Irpino, Pellegrino Parrella (avvocati Dario Vannetiello e Teodoro Reppucci), 59 anni, di Roccabascerana, Carmine Iannella (avvocato Roberto Prozzo), 56 anni, di Torrecuso, Giuseppe Pancione (avvocati Raffaele Scarinzi e Dario Vannetiello), 61 anni, di San Martino Valle Caudina.

Dopo aver ripercorso lo svolgimento del processo, i giudici riservano la loro attenzione alle dichiarazioni di Collarile e Carapella, “queste ultime parzialmente apprese de relato da Collarile”, non utilizzabili contro gli altri per l'opposizione dei difensori, peraltro non ribadite né precisate in udienza da costoro che non si sono sottoposti ad esame, non trovano alcun riscontro nel materiale probatorio acquisito e, segnatamente, né nelle dichiarazioni dei coimputati Pancione e D'Addona che si sono sottoposti ad esame, né nelle dichiarazioni rese dagli altri nel corso degli interrogatori di garanzia, né nelle deposizioni testimoniali che, al contrario, hanno ricostruito in modo analitico e preciso le modalità attraverso le quali le gare venivano espletate e ribadito la regolarità dell'intera procedura anche con riferimento alle buste regolarmente sigillate ed aperte in seduta pubblica, alla presenza delle dite interessate”.

Una regolarità delle procedure accertata anche, scrive il Tribunale, dallo stesso consulente del Pm. E ancora: “Non è dato comprendere in che modo il Mancini avrebbe alterato la gara spiando all'interno delle buste – condotta neppure descritta nei capi di imputazione – e poi alterando il punteggio da attribuire ala ditta favorita, atteso che le valutazioni di carattere tecnico erano riservate quasi esclusivamente agli altri commissari sui quali Mancini non aveva alcuna influenza”.

Infine: “Le dichiarazioni di Collarile e quelle di Carapella destano notevoli perplessità sotto il profilo della credibilità e attendibilità anche in considerazione del particolare contesto in cui sono state rese, ossia dopo che il Carapella era stato arrestato per usura in un procedimento scaturito da una denuncia di Collarile”.