Avellino

“Se perdiamo la determinazione che avevamo l'anno scorso facciamo fatica perché i segnali non mi garbano. Chiaro?” Pronti, via, e Piero Braglia ha dimostrato ancora una volta, semmai ce ne fosse stato bisogno, uno dei motivo per cui in carriera ha vinto così tanto. La comunicazione diretta, senza fronzoli o zone d'ombra, è fondamentale così come la necessità di prendere in mano le redini e tirarle con forza quando il proverbiale cavallo dà segnali di qualche bizza di troppo. “Io non voglio una squadra che parla, voglio una squadra che corre, che mena e che randella, perché se non fai questo in Serie C non vinci mai”. Un messaggio senza possibilità di equivoci o errate interpretazioni, destinato a chi sta, evidentemente, dimostrando qualche sicurezza di troppo o qualche eccesso di confidenza, ma pure, con ogni probabilità, a chi non ha ancora definito il rinnovo del contratto in scadenza e non nasconde un certo muso lungo. Se, invece, il nervosismo emerso nel corso del test superblindato e tenuto segretissimo (o quasi, tra rumors dal “Partenio-Lombardi” e maldestri post di Instagram) sostenuto e vinto ieri, per 1-0, contro il Napoli United (Eccellenza) allenato da Diego Armando Maradona jr, sia foriero di grande concentrazione o di troppa tensione lo dirà il campo. Oltre al campo c'è l'ambiente e anche in questo caso Braglia è stato perentorio: “Se pensiamo di essere diventati un po' troppo bravini o ci facciamo mettere in testa altri problemi e, allora, diventa dura. Altro che vincere i campionati. I campionati si vincono con l'unione dell'ambiente, che in questo momento, qui, non c'è”. Giudizi e pregiudizi sui nuovi acquisti, polemiche social, pareri ipercritici o sottolineature negative strumentali da parte di ex col dente spesso avvelenato. Un polverone che rischia di travolgere l'Avellino. E, allora, avanti tutta Braglia: patti chiari e amicizia lunga; il parlare chiaro è fatto per gli amici. La sostanza resta quella.