Avellino

L'Avellino agli irpini non solo fuori, ma anche dentro il campo. Se ne è spesso parlato, negli anni, ogniqualvolta il settore giovanile si è ritrovato al centro di dibattiti e piani futuri, spesso rimasti inespressi. Tutti i presidenti hanno almeno parlato, stagione dopo stagione, della volontà di metter su un vivaio in cui accogliere talenti che, pur senza preclusioni di carattere territoriale, ambisse a dare il maggior spazio possibile ai talenti della provincia. Un progetto ambizioso, che richiede investimenti e pazienza; un obiettivo che punta a centrare la famiglia D'Agostino, che dalla scorsa stagione ha iniziato a porre le basi per raggiungere risultati soddisfacenti nel tempo. Il primo frutto è stato, però, già raccolto ed è maturato nella splendida Montella.

Federico Capone è ormai in pianta stabile in prima squadra dopo le prime convocazioni nella scorsa stagione. I rpimi passi nella scuola calcio Scandone Montella, ha svolto tutta la trafila tra le file della locale compagine: dai Pulcini, con i primi calci a un pallone a soli 7 anni, fino agli Esordienti con cui ha vinto tutto quello che poteva. “Iniziò a giocare con i 2000 e 1999 nel giro di pochissimo tempo. La carta d'identità dice che è un 2003, ma quando hai quel qualcosa di diverso lo si vede subito ed è giusto bruciare le tappe” ha raccontato a Ottopagine.it Willy Garofalo, che ha allenato Federico Capone all'alba della sua carriera. Ma non basta solo la voglia per emergere, c'è bisogno anche di costanza ed è lì che diventa fondamentale la famiglia. E Federico Capone ha avuto la fortuna di averla sempre al fianco. Papà Gaudiano e mamma Gabriella lo hanno accompagnato nel suo percorso, fisicamente ed emotivamente, così come per il fratello Ferruccio: pure lui calciatore in erba, più grande di 5 anni e con un nome che, insieme a quel cognome, non passa inosservato. Sì, Ferruccio Capone, proprio come quel Ferruccio Capone nonno, suo e di Federico, che ha scritto pagine importanti del calcio locale e non solo, ricoprendo, tra le altre, la carica di presidente del Campobasso e quella di sindaco di Montella. Una famiglia nel pallone, nell'accezione più positiva del termine.

“Federico ha iniziato giocando a centrocampo, gradualmente ha dimostrato di avere il passo per spostarsi sulla fascia. Giorno dopo giorno l'ho visto crescere, fisicamente, atleticamente, ma quello che ha di innato è un'intelligenza tattica e un senso della posizione che non si insegna”. E così da Montella dritto a Benevento, lì dove il settore giovanile è diventato centrale sino dal primo giorno della gestione Vigorito. Sotto la guida di Dagoberto Carbone l'avventura nella Primavera giallorossa, con la famiglia ancora lì, pronta, come il club sannita, nel sostenere Federico nella sua crescita di ragazzo, allora non ancora diciottenne, e calciatore. Un tour campano proseguito a Salerno, con la pandemia a tarpare solo momentaneamente ali e programmi. Da una grande crisi può nascere, in fondo, una grande opportunità: la chiamata della squadra del cuore.

“Federico è un ragazzo affabile, educato, simpatico. Ci mancherebbe altro, deve migliorare ancora tantissimo, ma quando vedi un ragazzo che alle 8 va a letto perché deve essere riposato il giorno successivo, se c'è una partita o un allenamento, mentre tanti suoi coetanei sono in giro, quando ti accorgi che un giovanissimo, come è lui, è attento anche a quello che deve fare fuori dal campo per emergere, allora percepisci quella scintilla che può far scoppiare l'incendio della passione e delle doti naturali. La sua umiltà ha fatto sì che sentimenti come l'invidia e la gelosia non abbiano accompagnato la notizia della sua prima convocazione in prima squadra, con l'Avellino. Qui in paese è scoppiata una gioia incredibile” ha aggiunto e concluso Garofalo.

“Il ragazzo” lo ha chiamato ribattezzato Piero Braglia per tutto il ritiro a Roccaraso, coccolandoselo e premiandone la serietà nei duri giorni di fatiche sotto il sole abruzzese. Dentro nelle amichevoli, due gol di pura reattività e applicazione; attuazione rigida dei dettami del mister. Non più tardi di qualche mese fa,  davanti a microfoni e taccuini, lo stesso Braglia disse che Federico Capone era l'unico calciatore nel settore giovanile che gli aveva dato l'impressione di essere in possesso di un potenziale già pronto a essere espresso, con margini di sviluppo già evidenti. E Braglia non è uno che parla per caso o regala complimenti. “Entra e divertiti” l'unico consiglio, paterno e senza isterie tecnico-tattiche, prima di entrare sul rettangolo verde. Quel verde come la sua Irpinia che sta rappresentando anche incarnandone lo spirito operaio. Testa bassa e pedalare. Il cammino è lungo ed è solo all'inizio.