Benevento

Partirà il 27 settembre il processo d'appello per le quattro persone di Benevento che, coinvolte un'indagine dei carabinieri e della Dda su una estorsione, aggravata dal metodo camorristico, ai danni del titolare di un pub-pizzeria a Ceppaloni, erano state assolte nel novembre del 2018.

La Dda ha infatti impugnato la sentenza con la quale il Tribunale sannita aveva assolto, perchè il fatto non sussiste, Corrado Sparandeo, 35 anni, Giuseppina Piscopo, 37 anni, Silvio Sparandeo, 31 anni, e Italo Di Pietro, 38 anni, difesi dagli avvocati Antonio Leone, Luca Russo, Mariacristina Caracciolo  Michele Ciruolo, per i quali il procuratore aggiunto Giovanni Conzo aveva proposto le seguenti pene: 14 anni per Corrado Sparandeo, 10 anni e 8 mesi per Giuseppina Piscopo, Silvio Sparandeo e Italo Di Pietro.

Tabula rasa 2' il nome in codice dato all'operazione che era finita all'attenzione dell'opinione pubblica il 26 gennaio del 2015, con l'esecuzione di quattro ordinanze di custodia cautelare. I destinatari erano poi tornati in libertà in momenti diversi.

Il blitz era stato l'epilogo di un'attività investigativa supportata da intercettazioni ambientali e telefoniche. Le prime nel carcere di Secondigliano, dove era detenuto Corrado Sparandeo. Che, secondo la Dda, “attraverso i colloqui con i familiari, avrebbe continuato a gestire il clan e a dirigere le attività illecite”. Come nel caso dell'episodio al centro dell' inchiesta. Quando il giovane avrebbe parlato del ritiro di una somma dal proprietario dell'attività di ristorazione. Appuntamento fissato attraverso Di Pietro in un bar del rione Libertà, dove Piscopo, accompagnata da Silvio Sparandeo, aveva incontrato la presunta vittima, per la consegna dei soldi.

Interrogati dal gip dopo l'arresto, gli allora indagati avevano sostenuto che il denaro era solo un regalo che il titolare della pizzeria avrebbe spontaneamente fatto a Corrado Sparandeo. Ascoltato in aula, il commerciante aveva escluso di aver subito minacce o pressioni, sostenendo che i soldi sborsati – 800 euro - altro non erano che un gesto di liberalità nei confronti di persone che conosceva da tempo. Tutt'altra, invece, la ricostruzione degli inquirenti, che ritengono quel denaro una tangente che sarebbe stato costretto a pagare.