Benevento

Chiesta la condanna delle quattro persone coinvolte in un'indagine dei carabinieri su un immobile acquistato all'asta: l'ex caseificio Vassallo. Tentata estorsione, minaccia, furto, danneggiamento e calunnia: queste le accuse contestate a vario titolo, per le quali il pm Donatella Palumbo ha proposto le seguenti pene: 3 anni ed 8 mesi e 8mila euro di multa a Francesco Rosario D'Onofrio, 35 anni, di Sant'Agata dei Goti, 3 anni e 4 mesi e 6mila euro di multa a Francesco D'Onofrio, 71 anni, di Paolisi, 3 anni e 2 mesi e 5mila euro di multa ad Antonio D'Onofrio, 40 anni, di Paolisi, 1 anno e 8 mesi e 1000 euro di multa ad Alfonso Perrotta, 51 anni, di Nocera Inferiore, amministratore di diritto dell'ex caseificio. Il Pm ha anche chiesto il non doversi procedere per l'intervenuta prescrizione di due capi di accusa.

A seguire, l'intervento dell'avvocato Goffredo Grasso, legale delle due parti civili, che ha sollecitato la dichiarazione di responsabilità degli imputati e una provvisionale di 200mila euro come risarcimento dei danni patrimoniali e non. Il 21 ottobre le arringhe difensive, poi la sentenza del Tribunale.

Si tratta di una vicenda finita all'attenzione dell'opinione pubblica nel 2014, quando erano state adottate alcune misure -divieto di dimora e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria-, poi revocate, a carico degli allora indagati. Epilogo di un'inchiesta centrata su una storia di cui sarebbero rimasti vittime, dal maggio del 2013, un imprenditore e la moglie, avvocato.

Secondo la ricostruzione che ne hanno fatto gli inquirenti, tutto ruota attorno all'opificio dell'ex Casearia Vassallo, che ha sede lungo la statale Appia, nelle adiacenze dell'hotel ristorante di cui è proprietario Francesco D'Onofrio.

I problemi sarebbero iniziati quando l'imprenditore aveva comprato all'asta, nel novembre 2012, l'immobile della società in liquidazione. L'attività investigativa avrebbe fatto emergere una serie di condotte che sarebbero state finalizzate, sostiene la Procura, a raggiungere due obiettivi: impedire ai proprietari il godimento del bene e successivamente, anche attraverso minacce, indurli a vendere, a condizioni vantaggiose, lo stabilimento.

Nel febbraio del 2017 l'udienza preliminare, al termine della quale il gup Gelsomina Palmieri aveva disposto il rinvio a giudizio degli imputati, difesi dagli avvocati Vittorio Fucci, Sergio Rando, Marcello D'Auria, Giuseppe Saccone, Ferdinando Letizia e Raffaele Zequila.