Caserta

Violenti pestaggi agli imprenditori per costringerli a versare il pizzo al clan. Nessuno di loro ha mai sporto denuncia, terrorizzati dalla ferocia delle richieste estorsive. Sono finiti in carcere due persone accusate di voler ricostruire un gruppo criminale nell'area aversana della provincia di Caserta.

I due sono stati raggiunti dalla misura cautelare in carcere, eseguita all'alba durante un blitz, nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Direzione distretturale antimafia, nei confronti complessivamente di tredici soggetti. In base a quanto emerso dalle indagini, era in atto tra i territori di Aversa, San Cipriano d'Aversa, San Marcellino e Villa Literno in provincia di Caserta, ma anche a Giugliano, nel Napoletano, un tentativo di fondare una organizzazione camorristica che utilizzava metodologie tipiche del cartello dei Casalesi.

L'organizzazione era dotata di una elevata capacità militare. Kalashnikov, pistole e centinaia di munizioni erano nelle disponibilità del clan. Armi pronte a essere usate all'occorrenza e, come certificato anche da alcuni video agli atti, i kalashnikov venivano impiegati anche solo per ostentare la potenza di fuoco della cosca: spari avvenivano in strada, nei centri abitati, seppur di notte e senza un obiettivo da colpire. Il pizzo veniva riscosso a Pasqua, Natale e Capodanno con minacce e violenze agli imprenditori.

Il nome dei Casalesi veniva impiegato proprio allo scopo di intimorire le vittime. Si trattava, insomma, di una sorta di “ritorno alle origini", rispolverando tecniche tipiche dei Casalesi: un gruppo armato che si avvale della violenza, anche fisica, per riaffermare la propria potenza sul territorio. La ricostitutita cosca era formata da personaggi con trascorsi criminali di rilievo, ma anche da giovani appena reclutati dal clan. Gli episodi criminosi su cui si concentrano le indagini sarebbero avvenuti tra il novembre 2020 e il maggio 2021. L'operazione arriva, quindi, a meno di tre mesi di distanza dall'ultimo dei crimini accertati