Benevento

Non potrà dimorare in provincia di Benevento. E' la misura disposta dal gip Vincenzo Landolfi a carico di Pasquale Ucci, 58 anni, di Benevento, titolare del notissimo ristorante 'Pascalucci', chiamato in causa da una inchiesta del procuratore aggiunto Giovanni Conzo, del sostituto Giulio Barbato - coinvolte a piede libero altre cinque persone - e della guardia di finanza che ipotizza una bancarotta fraudolenta.

Eseguito anche il sequestro preventivo, per un importo di 528mila euro, di una società e dei suoi beni aziendali, con la nomina come amministratore giudiziario, per la continuazione dell'attività, del commercialista Alessandro Lombardi. 

Ucci, per il quale la Procura aveva proposto la custodia cautelare in carcere, ha nominato come difensori gli avvocati Andrea De Longis junior e Luigi Giuliano.

Il 58enne era già stato tirato in ballo con altre due persone, nel 2012, da una indagine delle fiamme gialle di Napoli – il processo è ancora in corso -sulle precedenti gestioni della storica pasticceria napoletana 'Scaturchio' di Piazza San Domenico Maggiore.

In una nota il Procuratore Aldo Policastro spiega che l’imprenditore, "prima e dopo la sentenza di fallimento del 12.06.2018", avrebbe "distratto, dissipato, dissimulato ed occultato in tutto o in parte i beni aziendali, anche appropriandosene", e non avrebbe "tenuto le scritture contabili e/o le teneva in modo lacunoso tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della ditta individuale dichiarata fallita, agendo in concorso con altri soggetti, allo stato tutti indagati".

Il lavoro investigativo, supportato da intercettazioni, assunzione di informazioni e accertamenti finanziari, avrebbe permesso di acquisire gravi indizi "in ordine alla circostanza che la condotta posta in essere dall’imprenditore, concretante il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione ai danni dei creditori, sia ancora “attuale”, sussistendo il pericolo “concreto” di reiterazione del reato, essendo stato accertato che l’attività commerciale di ristorazione, oggetto di indagine, tuttora attiva, con una consistente affluenza di clienti con una diversa denominazione ma con medesima storica insegna, è gestita di fatto dallo stesso imprenditore, pur essendo stato dichiarato fallito, mediante la compiacenza di teste di legno e/o l’ausilio dei propri familiari".

Inoltre, sarebbe stato "accertato altresì che lo svuotamento della ditta fallita finalizzata a sottrarre l’attivo fallimentare ai creditori, operato attraverso il trasferimento delle ricchezze alla nuova società, peraltro senza alcun esborso monetario poiché gli assets venivano ceduti a titolo gratuito, si accompagnava all’occultamento e distruzione di parte della documentazione contabile, allo scopo di rendere difficoltosa la ricostruzione delle condotte distrattive poste in essere".