Non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. E' la sentenza della Corte di appello per gli unici quattro imputati, sui quaranta complessivi, che il Tribunale aveva condannato il 17 aprile del 2019 al termine del processo nato dall'inchiesta della digos, denominata 'Mani sulla città', su appalti e forniture di beni e servizi del Comune di Benevento.
Si tratta di Roberto la Peccerella, 63 anni, di Benevento, dirigente del settore Lavori pubblici, Cosimo Nardone, 69 anni, di Montesarchio, vicepresidente della cooperativa sociale San Valentino, Aldo Damiano, 56 anni, di Benevento, ex assessore ai Lavori pubblici e consigliere comunale, Andrea Lanzalone, 53 anni, di Benevento, dirigente del settore Finanze di Palazzo Mosti, ai quali era stata comminata la pena di 2 anni, sospesa, per un abuso d'ufficio ravvisato nel capitolo dei servizi appaltati alla cooperativa San Valentino per il Parco archeologico e calata Olivella.
Una sentenza arrivata dopo quattro anni di dibattimento, impugnata dalla difesa dei quattro imputati. Il pg ne aveva proposto la conferma, ma gli avvocati Sergio Rando, Grazia Luongo, Carmen Esposito e Nunzio Gagliotti avevano chiesto di riformare la decisione, sottolineando, al di là della prescrizione, l'estraneità dei loro assistiti ai fatti contestati. Ora la pronuncia dei giudici di secondo grado, che hanno confermato le statuizioni civili.
Si chiude, dunque, una vicenda sfociata in un processo che un anno e mezzo fa aveva fatto registrare assoluzioni e prescrizioni per trentasei persone (e dodici società). Tutte chiamate in causa, a vario titolo, da un'attività investigativa che aveva messo nel mirino la pedonalizzazione del centro storico, il Parco archeologico e del verde di Cellarulo, sui rapporti con alcuni imprenditori e la cooperativa San Valentino.
A giudizio amministratori, funzionari, dirigenti e tecnici di Palazzo Mosti, coinvolti in una indagine che nel gennaio del 2013 era stata scandita dall'esecuzione di alcune misure cautelari, poi attenuate e revocate. Enorme il clamore scatenato da un'operazione denominata come il titolo del film (Mani sulla città) del grandissimo Francesco Rosi, inevitabili le polemiche politiche sull'amministrazione guidata all'epoca dal sindaco Fausto Pepe – rieletto nel 2011 -, sugli assessori della sua giunta, sulla struttura dirigenziale e tecnica dell'Ente ed una serie di titolari di imprese.
Una trentina i capi di accusa, per la metà dei quali, nel giugno 2018, era scattata la declaratoria di prescrizione che si era tradotta nella definitiva uscita di scena di otto dei quarantotto imputati rinviati a giudizio nel luglio del 2014.