Atripalda

«L’ex sede dell’Asl di Atripalda è sempre più degradata e pericolosa per la pubblica incolumità, ma ogni appello per sottrarla a tale destino è stato inutile. E’ tempo che vi sia un’assunzione di responsabilità da parte dell’ente proprietario dell’immobile». Ad affermarlo è il segretario nazionale di Acai onlus, associazione di tutela dei consumatori e degli inquilini, l’irpino Giovanni Ardolino.

«Siamo costretti – ha proseguito il dirigente sindacale – a tornare su una vicenda già denunciata all’opinione pubblica, a causa dell’aggravarsi del problema. In questi giorni, infatti, ci sono giunte diverse segnalazioni, puntualmente verificate, sui continui episodi di occupazione abusiva, danneggiamenti ed inquietanti segnali di presenze, tutt’altro che raccomandabili, in una struttura, proprietà dell’Inail, che ormai è diventata un indecoroso luogo di illegalità e vandalismi. E’ inaccettabile per l’intera comunità locale che vi sia un bene pubblico, peraltro in una zona centrale della cittadina, in totale stato di abbandono, esponendo a rischi passanti e residenti della zona.

Ancora più intollerabile però è l’indifferenza delle istituzioni e delle autorità preposte, che non intervengono per risolvere il caso.  La struttura di via Tiratore, inutilizzata da innumerevoli anni, potrebbe e dovrebbe essere restituita alla cittadinanza. L’Acai ha anche avanzato una proposta, per trasformarla in un centro destinato a servizi sociali e ricreativi, che potrebbe soddisfare innanzitutto le esigenze locali, ma persino rivolgersi ad un bacino regionale. In collaborazione con gli enti del territorio, sarebbe possibile avviare diverse iniziative di pubblica utilità, con l’impegno di altre associazioni e realtà del volontariato».

«Chiediamo – ha concluso Ardolino – pertanto che si assumano provvedimenti urgenti, per mettere in sicurezza lo stabile ed avviare un confronto sul futuro di una struttura che è diventata il “buco nero” di Atripalda. Ogni ulteriore attesa sarebbe un gravissimo atto di irresponsabilità amministrativa, con risvolti civili e penali, che gli atripaldesi non sarebbero più disposti a subìre».