L'acqua. Sempre l'acqua. I cittadini lo dicono con referendum, i comitati serrano le fila per difenderla ma nulla: si prova sempre a “prendersela”. E' la denuncia che arriva, tra gli altri, dall'Osservatorio Gocce d'acqua, dall'associazione “Paese dell'Acqua”, e da Generazioni Future, società Stefano Rodotà. 

E da chi si vuol difendere l'acqua stavolta? Dal Recovery Plan, eh sì, quello che serve a salvare l'Italia dal disastro covid (e da quelli precedenti per la verità): e da un codicillo, che qualche manina ha buttato là per dire che i Comuni piccoli, quelli con fonti pregiate in aree tutelate possano continuare a utilizzare in proprio le fonti idriche. 

Eh sì, quegli spreconi dei piccoli comuni, non devono più gestire l'acqua in proprio, come spiegano le associazioni perché «Ce lo chiede l'Europa»: «Nella bozza di Decreto “Disposizioni urgenti in materia di transizione ecologica”, all’art. 19 viene espressamente abrogata la lettera b) del comma 2-bis dell’articolo 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152: “1. La lettera b) del comma 2-bis dell’articolo 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è abrogata. Le gestioni salvaguardate ai sensi della disposizione di cui al periodo precedente confluiscono nella gestione unica entro un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». 

Questo perché “i piccoli” non sarebbero un gestore affidabile: «, accedere ai finanziamenti che verranno resi disponibili dal PNRR, che richiede l’esistenza di un gestore affidabile in grado di realizzare gli interventi nel rispetto delle tempistiche imposte dallo stesso. Inoltre, il superamento della frammentazione delle gestioni consentirà di accedere ai finanziamenti nell’ambito dalla Politica di Coesione 2021 – 2027». 

L'Europa chiede altro però: «La Direttiva 2000/60 parla di Piani di Gestione delle risorse, di politiche pubbliche; non si occupa, cioè, solo di quel 15% del ciclo idrico integrato per uso civile che tanto interessa le imprese quotate. Anzi. L’Europa sottolinea le caratteristiche di non commerciabilità della risorsa idrica. Inoltre l’Europa, in verità, ci chiede da tempo di non incorrere nelle procedure di infrazione che invece per i gestori del servizio idrico Italiano più noti, non sembrano essere un problema considerati i buchi di bilancio che puntualmente sono costretti a sanare le famiglie italiane con aumenti di tariffe, spesso arbitrarie e che non hanno nulla a che vedere con l’efficienza e la qualità del servizio ai quali si fa riferimento»

Così secondo le associazioni si penalizzerebbero tutti, a vantaggio dei “soliti pochi”: «Ma davvero si ha il coraggio di citare in una bozza di decreto chiamato Semplificazione i piccoli Comuni Italiani? Togliendo l’autonomia del servizio idrico a pochi Comuni Italiani si “semplifica” il Paese? Ma come, le aree interne non vanno valorizzate anche alla luce di quanto emerso prepotentemente in tutti i salotti buoni, durante la pandemia? Come fa Arera ad equiparare la gestione del piccolo Comune a quella di Acea SPA per esempio, imponendo per l’uno e per l’altro lo stesso percorso regolatorio?»