Ischia

 

La pesca in Campania ha una connotazione tipicamente artigianale con l’85% delle imbarcazioni che operano abitualmente nell’immediato sotto costa, e solo in rari casi al di fuori delle 6 miglia di distanza. La gran parte utilizza reti da posta fisse (tramaglio ed imbrocco) come attrezzo principale ed il palangaro di fondo come attrezzo secondario.

I battelli armati a strascico risultano l’11% del totale nazionale e operano generalmente entro i confini regionali, a distanze da costa inferiori a 12 miglia. Il segmento della circuizione conta 31 imbarcazioni, quasi sempre impegnate nella cattura dei piccoli pelagici, soprattutto acciughe, entro le 6 miglia da costa.

Le draghe idrauliche contano 14 imbarcazioni concentrate nella parte settentrionale della regione (Fonte: Mipaaf - Programma Nazionale raccolta dati alieutici).

Con più di 150 specie commerciali ed una moltitudine di attrezzi e di tipologie di pesca, l’attività praticata dal settore peschereccio in Campania si caratterizza prevalentemente come una pesca multi-specie e multi-attrezzo tale che uno stesso battello può effettuare più operazioni di pesca estremamente diversificate durante l’anno.

Il segmento tonniero campano riveste una posizione di assoluto rilievo nel panorama della pesca nazionale, dal momento che rappresenta uno dei pochi nuclei di pesca industriale rinvenibili in Italia. In costiera amalfitana, soprattutto tra Cetara e Salerno, staziona la flotta tonniera più grande dell’intero territorio nazionale.

Il comparto della mitilicoltura, nato negli anni venti nell’area flegrea, rappresenta un settore produttivo fondamentale se si pensa che la quasi totalità della produzione deriva da impianti ubicati nell’area flegrea, in quella torrese-stabiese e, di recente, da impianti creati nel Golfo di Salerno.

Il comparto dell’acquacoltura, caratterizzata prevalentemente da realtà di modeste dimensioni alle quali solo di recente si sono affiancate unità produttive di maggiore respiro, rappresenta un’importante opportunità di crescita per la pesca campana.

Le imprese di allevamento presenti sul territorio regionale sono rappresentate sia da impianti di acquacoltura a terra che da impianti di maricoltura off-shore. La zona flegrea e quella del litorale torrese stabiese restano quelle più produttive della Campania per quanto riguarda la mitilicoltura.

La piccola pesca costiera, praticata con imbarcazioni di dimensioni ridotte, è il comparto più significativo sia per numero di addetti, che di battelli (circa il 60% del totale delle imbarcazioni italiane). La flotta è distribuita su tutto il territorio campano e si dedica prevalentemente alla pesca di pesce pregiato, nell’ambito della quale sono custodite le più antiche tradizioni pescherecce locali.

L'acquacoltura in Campania. L’acquacoltura è la produzione di organismi acquatici in impianti controllati per habitat, riproduzione ed alimentazione. Rappresenta, oggi, un settore economico molto importante della produzione alimentare e contempla aspetti fondamentali quali la rintracciabilità e la sicurezza dei
prodotti.

L'allevamento viene praticato sia in impianti a terra di acqua dolce o salmastra, sia in impianti a mare. Le principali tipologie di acquacoltura sono le seguenti: itticoltura o piscicoltura; crostaceicoltura; molluschicoltura, a sua volta divisa in venericoltura (vongole) e mitilicoltura (cozze e ostriche).

In Campania, l’attività di acquacoltura costituisce una rilevante realtà produttiva, soprattutto per quanto riguarda l’allevamento dei mitili in mare aperto. Per quanto riguarda gli impianti in acque marine e in acque interne i Comuni competenti gestiscono direttamente il rilascio di concessioni demaniali marittime.

L'attività è comunque soggetta all'iscrizione all'Anagrafe nazionale delle aziende di acquacoltura gestito dal Ministero della Salute. Il settore è regolato da differenti strumenti normativi, tra cui la Legge regionale 23 dicembre 2014, n. 22 “Disciplina della pesca marittima e dell’acquicoltura” ed il Programma Operativo Feamp 2014-2020, che con la Priorità 2 punta a favorire un’acquacoltura sostenibile, efficiente, innovativa competitiva e basata sulle conoscenze.