Flumeri

Apriamo la scuola! L’istruzione è alla base della società!”. Queste frasi - e tante altre - coronano i dialoghi di alcuni genitori ed i titoli di diverse testate giornalistiche. “Le insegnanti vogliono lavorare comodamente a casa e noi dobbiamo sostituirci a loro! No, ora devono rientrare”: un grido diffuso misto a rabbia riecheggia sempre più forte.

Di contro, siamo soliti sentire: “Guai a chi ci tocca i figli”. Anche questa frase è molto comune, nel Nord, nel Centro e nel Sud, senza distinzione di religione, razza o ceto sociale. E ancora: “La mamma è sempre la mamma”.

Poi davanti a decisioni importanti come la riapertura scolastica dopo le vacanze Pasquali e gli incontri tra i familiari, non esitiamo un attimo: “Si deve tornare a scuola, non possono perdere altri giorni!”.

Parlo come docente e mamma, la scuola ha fatto un egregio lavoro, si è dovuta reinventare e riadattare impartendo gli insegnamenti dietro uno schermo, entrando in punta di piedi nelle case di milioni di italiani, alla presenza di genitori, nonni e zii.  Mai un’esitazione, perché la scuola è anche questa: capacità di attuare un cambiamento nel momento del bisogno.

Siamo in guerra aperta: la terza ondata, ospedali pieni, terapie intensive al collasso, i bambini sono i primi recettori. E noi? Cosa facciamo? Pensiamo che questi ultimi due mesi in presenza cambino le sorti culturali e formative dei nostri figli?

Ora è il momento di proteggerli, di dire: “Guai a chi tocca mio figlio”. Perché se posso lo custodisco o lo proteggo grazie ai mezzi a disposizione che permettono comunque il prosieguo dell’istruzione.

Dico spesso ai miei alunni, in questa situazione emergenziale negativa, : “Siete stati fortunati, il progresso ha attuato ed attivato le strategie adatte per continuare a studiare. Nell’Ottanta il terremoto ha messo in ginocchio, come oggi, intere regioni, la cultura si è fermata, l’istruzione dopo la catastrofe non ha avuto il privilegio di regnare sovrana, i mezzi a disposizione era inefficienti. Oggi, invece, non ci siamo fermati, grande sforzo e sacrificio di riadattamento da parte di tutti, dai più piccoli ai più grandi, dai docenti ai dirigenti. Eppure, non siamo contenti. Eppure, ci lamentiamo continuamente mettendo in evidenza le negatività. Può essere così devastante nella vita individuale perdere qualche nozione? Nozione che successivamente verrà, sicuramente, recuperata, così come è accaduto in passato dopo il terremoto. Oppure è meno sfregiante perdere la vita di alunni, docenti, genitori, nonni, fratelli, sorelle e zii?

Siamo realisti: la scuola, la struttura portante della società, ha fatto passi da gigante, le docenti hanno raddoppiato il lavoro; ma in onore del bene comune e collettivo, con grande dignità e rispetto, hanno accettato nonostante fossero sempre additate. E voi, genitori, vi sentite sereni a mandare i vostri figli a scuola? Vi preoccupate che qualche conoscenza vada persa? Oramai, l’anno scolastico volge al termine ed in virtù dei sacrifici reciproci sarebbe opportuno ed auspicabile attendere che  la terza ondata ci lasci definitivamente.

Sarà una gioia infinita ritornare tra i banchi senza timore e senza rimorso di quel che si poteva fare ma non è stato fatto. “Guai a chi tocca i miei figli, con le unghie e i denti li proteggo!”: è giunta l’ora di dimostrarlo.