Mario Draghi e' andato a riprendersi la Libia. Vuole capitalizzare il primato che, nonostante la guerra civile l'Italia non ha mai perso nel commercio internazionale di Tripoli. Grazie alla presenza dell'Eni restiamo il primo acquirente di petrolio e gas libico comprando il 21,1% della produzione. Un legame di ferro che, nonostante tutto, non si e' mai interrotto.
Adesso diventa strategico per la ricostruzione. Secondo i dati dell'Osservatorio economico del ministero degli esteri, nei primi sei mesi del 2020 l'interscambio Italia-Libia e' stato di 1,17 miliardi, di cui 722 milioni le nostre importazioni (-65,9% rispetto allo stesso periodo del 2019) e 448 milioni le esportazioni (-12,4%). Secondo uno studio di Confartigianato la guerra civile e' costata circa dieci miliardi al made in Italy. Un miliardo l'anno per dieci anni. L'assenza di grandi impianti di raffinazione in Libia consente all'Italia di essere uno dei grandi fornitori di prodotti petroliferi raffinati. Coprono il 57% del valore delle nostre esportazioni verso Tripoli. In sostanza l'Italia compra il greggio dalla Libia, lo lavora, e poi glielo rivende.

l programma di ricostruzione del Paese comportera' un rapido decollo della domanda di cemento, materiali da costruzioni, componentistica, semilavorati, macchinari, sistemi per l'edilizia e le infrastrutture e servizi. Draghi vuole restituire all'Italia il ruolo da protagonista nella vita economica del Paese dopo anni di neutralita' politica. Una scelta alla fine vincente. Non avendo appoggiato nessuna delle fazioni in lotta e avendo bloccato l'esportazione di armi che avrebbe trasformato la Libia in una nuova Siria ora il governo di Roma si trova nella condizioni di sfruttare le opportunita' del nuovo corso. Anch'esso nato al di fuori delle fazioni che si sono fronteggiate per anni. Aziende pubbliche e private italiane si preparano a tornare per operare su larga scala. A garantirle le promesse dal nuovo governo di unita' nazionale diretto dall'uomo d'affari Abdel Hamid Dabaiba, che a circa un mese dalla nomina non nasconde l'intenzione di fondare il processo di pacificazione proprio sulla ripresa economica e sul commercio con l'estero, incentrato sull'export di gas e petrolio.

Gia' oggi, l'Italia si colloca al terzo posto tra i fornitori del Paese, dopo Egitto e Tunisia. Ma l'Ambasciata d'Italia a Tripoli evidenzia anche altre opportunita'. Ad esempio nella filiera agro-alimentare, grazie a un migliore sfruttamento del potenziale agricolo della fascia costiera.
Un caso di successo e' rappresentato dall'iniziativa dell'Istituto Agronomico dell'Oltremare di Firenze per il miglioramento e la valorizzazione della palma da dattero nelle Oasi di Al Jufra, finanziata con i fondi della Cooperazione. In crescita anche il settore del commercio di carni per via di regolamentazioni sanitarie meno stringenti.
In prospettiva, sono destinati a crescere anche il mercato dell'energia da fonti alternative e l'intero settore delle telecomunicazioni grazie all'abolizione del monopolio statale sui servizi internet e al potenziamento della rete.

Il primo passo della collaborazione sara' la ricostruzione dell'aeroporto di Tripoli affidato al Consorzio Aeneas. E' formato da cinque aziende private che lavorano in collaborazione con l'Enav, l'agenzia pubblica per il servizio aereo. Il contratto vale 80 milioni diviso tra le societa' che compongono: Escape, Axitea, Twoseven, Lyon Consulting, Orfeo Mazzitelli".
Anche l'Enav non e' nuova in Libia. Sin dalle prime settimane dopo la rivoluzione del 2011, i suoi tecnici si occuparono di ripristinare le linee aeree. "Da allora i suoi contratti si aggirano sui 14 milioni di euro (con la speranza di salire presto a 20), indirizzati specialmente nella ricostruzione della torre di controllo dell'aeroporto di Mitiga. Una parte del lavoro sara' l'addestramento dei controllori di volo alle attrezzature tecniche fornite dall'Italia".

Infine "l'autostrada dell'amicizia", chiesta da Gheddafi al governo Berlusconi quale risarcimento finale per i danni subiti dalla colonizzazione italiana. I 1.700 km (da costruire in 20 anni) avrebbero dovuto congiungere Rass Ajdir a Imsaad, il confine con l'Egitto a quello con la Tunisia. In realta' e' stata realizzata solo un piccolo tratto attorno a Tobruk il piu' importante porto della Libia che, durante la guerra fu teatro di aspri scontri tra inglesi e italo-tedeschi. La spesa prevista era di 3 miliardi di dollari. Ad aggiudicarsi la gara da 125,5 milioni di euro per il servizio di 'advisor' fu il raggruppamento di imprese, ricorca la Camera di Commercio ItalAfrica Centrale, costituito da Anas (capofila) - Progetti Europa & Global - Talsocotec. Un capitolo a parte e' rappresentato dai crediti vantati dalle aziende italiane nei confronti del governo di Tripoli. Secondo il presidente della Camera di Commercio Italo-libica Gianfranco Damiano a circa 500 milioni di cui 230 risalgono addirittura agli anni '90. (Italpress)