Bagnoli Irpino

E' finito in carcere per aver violentato un minore. Dopo quindici anni di processi, condanne, appelli, la Corte di Cassazione ha definitivamente assolto (annullamento della sentenza senza rinvio), un giovane pastore di Bagnoli. I giudici dell'Alta Corte hanno accolto le tesi sostenute dalla difesa (avvocati Ferdinando Di Meo ed Ettore Marruzzo), su una serie di discrepanze emerse con evidenza già nel corso delle indagini. Ma ne parleremo dopo.

I fatti risalgono all'estate del 2000. Il pastore finì in manette perché accusato di ripetutamente abusato sessualmente di un ragazzino. La vicenda suscitò molto clamore, anche perché – almeno nella versione fornita dalla presunta vittima – a violentare il giovane sarebbe stato, a più riprese, un gruppo consistente di persone.

Un violenza da branco, dunque. Le indagini portate avanti dagli inquirenti della procura di Sant'Angelo dei Lombardi si limitarono soltanto all'imputato, escludendo dalla lista degli indagati tutti gli altri ipotetici responsabili degli abusi. Il pastore venne processato e condannato a sei anni di reclusione.

In Appello la difesa dell'imputato è stata assunta dall'avvocato Ferdinando Di Meo. Già in quella sede erano state messe in evidenza tutte le lacune evidenti nella sentenza di primo grado. Ma il lavoro del legale non ha sortito effetti: conferma della condanna emessa dai magistrati altirpini.

Si arriva così all'ultimo capitolo. L'udienza davanti ai giudici della Corte di Cassazione.

I difensori del pastore hanno snocciolato tutte le incongruenze emerse in modo anche evidente nelle sentenze precedenti: la vittima aveva lasciato intendere di avere dei motivi di risentimento personale nei confronti dell'imputato (eventualità che di fatto minava la credibilità della vittima), inoltre la consulenza tecnica è stata effettuata in modo irrituale.

Sulla base di queste e altre motivazioni lo stesso Procuratore generale ha chiesto l'annullamento con rinvio del processo. La Corte è andata oltre, disponendo direttamente l'assoluzione dell'imputato.

Per gli avvocati del collegio difensivo «c'è soddisfazione per aver posto fine ad un’odissea giudiziaria di un giovane, che nulla aveva commesso, ma, per altro verso, anche l’amarezza per la pessima prova fornita dal sistema giudiziario, nel quadro, comunque, di una vicenda veramente dolorosa, che avrebbe meritato maggiore attenzione da parte di tutti coloro che, nei diversi ruoli, se ne sono occupati. Il caso era difficile e delicato, ed, a prescindere da ogni altra valutazione, una maggiore serenità, nell’interesse di tutti, compresa la presunta vittima, sarebbe stata doverosa».

Ora non resta che spettare le motivazioni della sentenza.