Melito Irpino

Nella sua Melito Irpino tutti lo ricordano come il medico galantuomo e coraggioso, sempre pronto a correre per assistere i suoi malati. Giuseppe Aldo Spinazzola, primo medico irpino ucciso dal coronavirus, si è ammalato così prestando servizio, assistendo i suoi pazienti nonostante fosse in pensione. 85 anni specialista cardiologo esattamente un anno fa continuò a lavorare ed era pronto a partire per prestare servizio negli ospedali, nei comuni focolaio in Lombardia, per aiutare il sistema sanitario al collasso in quelle regioni colpite così tragicamente dalla pandemia, nella fase calda ed iniziale dell’emergenza Covid.

Questa è la storia di un medico autentico, che non si è mai risparmiato, sfidando il virus per poi rimanerne ucciso. Lui il primo dei cinque medici morti di covid in provincia di Avellino. Spinazzola morì nell’ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino la notte del trenta marzo dello scorso anno. Poi lo seguirono altri medici. Tra le vittime del Covid anche i nomi del ginecologo Leonardo Nargi, dell'anestesista Sergio Pascale, dell'infettivologo Mario Claudio Magliocca, dello psichiatra Eduardo Ferri. Cinque martiri del virus, che hanno perso la vita aiutando i malati.

“Mio nonno - spiega la nipote del dottore Spinazzola Egeria De Simone - ha sempre lavorato, con passione, tenacia e coraggio. Quando iniziò a dilagare il coronavirus, tra i comuni del comprensorio irpino, non si è tirato indietro. Oltre ad essere uno specialista cardiologo era il medico del paese e rispondeva sempre alle richieste di aiuto dei suoi malati. Aveva 85 anni ma ne dimostrava molti di meno. Era in piena forma, andava in bici. Un professionista impeccabile, che fino all’ultimo ha seguito il suo comandamento: quel giuramento di Ippocrate che per lui è stato scelta di vita assoluta”. In quelle settimane di prima emergenza in Irpinia il dottore Spinazzola non si risparmiò rispondendo ad ogni richiesta di aiuto.

“Mio nonno ha letteralmente sfidato il virus con spirito di abnegazione e coraggio, seguendo la sua unica volontà: essere medico fino alla fine. Ce lo ripeteva sempre. Ogni suo giorno è stato da medico in 60 anni di carriera. Senza contare che era pronto a partire per prestare servizio nell’ospedale di Crema, dove mio zio Angelo, suo figlio, è medico radiologo, per aiutare i medici in affanno, per la carenza cronica di sanitari registrata nella prima fase della pandemia. Onestà, umanità, coraggio restano i valori e lezione di vita che ci ha consegnato e che porteremo avanti,sempre, con infinito amore e coraggio”.