Mercato San Severino

"L’assurdo destino di un ottantenne che al San Leonardo di Salerno trova prima la vita e poi la morte" è con queste parole che l'avvocato della famiglia di Mario Saraceno inizia il lungo racconto degli ultimi giorni di vita dell'uomo, originario di Mercato San Severino, deceduto il 27 dicembre 2020 per Coronavirus all'ospedale Da Procida di Salerno. L'uomo il 27 novembre viene colpito da un’ischemia cerebrale e trasportato in ambulanza all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, dove, nella stessa serata, viene subito operato per rimuovere un trombo all’arteria cerebrale. Stando a quanto riportato dall'avvocato della famiglia, l’intervento riesce perfettamente e le speranze che l’ottantenne si riprenda, sono buone.

"Il paziente, peraltro, pur rimanendo ovviamente un soggetto a rischio per la sua seria patologia, al momento non ha problemi di Covid né respiratori: la Stroke Unit di Neurologia, dove viene trasferito dopo l’operazione ed è costantemente monitorato, lo fa sottoporre, tra i vari esami, e due tamponi, il 28 novembre e il 4 dicembre, che risultano entrambi negativi, e ad una broncoscopia, che non rileva infezioni in atto né disfunzioni legate ai polmoni e ai bronchi." Racconta il legale.

La situazione "si complica" nei giorni successivi in cui, secondo quanto riportato dall'avvocato, i sanitari cominciano ad assumere decisioni sulla gestione del malato su cui i familiari, costretti per la pandemia ad assumere le informazioni per lo più solo per telefono, esprimono non poche riserve. "La prima, probabilmente fatale, è il suo trasferimento, nonostante il quadro clinico delicato, nel reparto di Neurologia, salvo doverlo riportare poco dopo nella Stroke Unit per il riaggravarsi delle sue condizioni di salute. La seconda è la sua partenza, questa volta forzata ma senza neppure avvisare i familiari, per il Da Procida, e soprattutto le ragioni che la impongono: il Covid."

La mattina di lunedì 20 dicembre viene comunicato ai familiari che l'uomo è risultato positivo al Coronavirus e quindi trasferito al Da Procida. "Logico e profondo il disappunto della famiglia, essendo chiaro che il paziente il virus non può che averlo contratto in reparto, tanto che la figlia, il 26 dicembre, scrive anche una mail di formale protesta al dott. Vincenzo D’Amato, direttore generale dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi, ripercorrendo il calvario del genitore ed esprimendo perplessità sulle misure di sicurezza adottate nel reparto di Neurologia: il personale infermieristico per ben tre volte le aveva consegnato, assieme alla biancheria del padre, indumenti sporchi di sangue appartenenti ad altri degenti." Dichiara il legale della famiglia.

A preoccupare è il timore che l’ottantenne, già fortemente provato e debilitato dall’ischemia e dall’intervento chirurgico subito, non riesca a superare anche il coronavirus, ed è purtroppo ciò accade: il fisico dell’uomo il 27 dicembre cede e si arrende. "I familiari della vittima, dopo essersi un po’ ripresi dal terribile colpo, hanno quindi deciso di vederci chiaro sulla vicenda e di appurare se vi siano state responsabilità da parte dei sanitari e della struttura che ha avuto in cura il paziente e, attraverso il consulente legale dott. Vincenzo Carotenuto, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., che ha già richiesto tutte le cartelle cliniche e che, una volta acquisita tutta la documentazione medica, deciderà quali iniziative intraprendere."