Doveva arrivare entro fine gennaio, subito dopo il via libera del Parlamento allo scostamento di bilancio da 32 miliardi di euro. Ma l'aggravarsi della crisi di governo, che ha costretto Giuseppe Conte alle dimissioni per prevenire il naufragio annunciato sulla giustizia, ha impedito il varo del decreto Ristori 5, con il pacchetto di misure per negozianti, partite Iva, cassa integrazione e altri settori. Sulle prime, tecnici e ministri, rimasti in carica per il disbrigo delle affari correnti, erano comunque orientati a includere il provvedimento tra le iniziative possibili nella fase di transizione. Tanto piu' che sembrava alla viste un Conte ter, nel segno di una sostanziale continuita' politica. Ma l'avvitamento ulteriore della crisi, registrato alla fine dell'esplorazione del presidente della Camera, Roberto Fico, ha rimesso in discussione tutto, destinando ormai il decreto Ristori al prossimo governo, nel pieno esercizio delle sue funzioni.

I tempi si allungano, dunque, (quando il premier in caricato, Mario Draghi, sciogliera' positivamente la riserva, bisognera' aspettare la formazione del governo, il giuramento e i voti di fiducia di Camera e Senato), con tutto il carico di incognite politiche legate alle misure del decreto. Perche' di scelte politiche si tratta in gran parte dei casi, in termini sia quantitivi che qualitativi. E non e' detto che il prossimo governo sia intenzionato a lasciare inalterata l'impostazione ricevuta in eredita'. I 32 miliardi da impiegare sono un cifra ingente che, secondo la bozza del governo uscente, solo in parte e' indirizzata ai commercianti costretti a chiudere o a ridurre gli orari di apertura. Circa 10 miliardi sarebbero destinati al lavoro, sotto forma di rifinanziamenti per la cassa integrazione, l'indennita' di disoccupazione, la decontribuzione per la Partite Iva e il reddito di cittadinanza. Basta considerare quest'ultima voce di spesa, entrata a pieno titolo tra i dissidi insanabili fra M5s e Iv durante le consultazioni di Fico, per capire quanto di politico ci sia nelle decisioni da prendere. Altro capitolo nevralgico e' il blocco dei licenziamenti che scade il 31 marzo.

L'idea era di prorogarlo fino a fine aprile, ed eventualmente oltre ma in maniera selettiva. Prima delle dimissioni di Conte, era attesa sul tema una riunione con i sindacati che poi e' saltata. Draghi non e' intenzionato a interrompere questo confronto, anzi: accettando l'incarico con riserva, si e' detto "fiducioso" che anche "dal dialogo con le forze sociali emerga unita'". Il metodo, insomma, dovrebbe riguardare anche le misure del decreto Ristori. Bisognera' capire, pero', se e quanto la base di partenza coincidera' con le scelte del governo uscente, che aveva inserito risorse anche a sostegno della sanita' e i vaccini, la scuola e il trasporto pubblico locale in capo a Regioni e Comuni. (Italpress)