“Il fenomeno dell'usura è purtroppo destinato a crescere a causa della crisi economica provocata dalla pandemia. L'esito delle indagini di oggi non è altro che la punta di un iceberg nel Sannio”. È l'allarme lanciato dal Procuratore capo di Benevento, Aldo Policastro durante la conferenza stampa al termine dell'operazione che ha portato all'arresto di 5 persone.
Un fenomeno, quello dell'usura e delle estorsioni “silente e che stenta ad emergere” – ha poi spiegato il dottore Policastro come dimostra l'esito delle indagini che chiama in causa anche nove persone, imprenditori “indagati per favoreggiamento. A fronte di acquisizioni inequivoche non hanno collaborato”.
Indagini invece che hanno avuto il là dopo la denuncia di una delle vittime ed hanno potuto contare sul “supporto attivo e prezioso di un'associazione antiusura. L'associazionismo civile – ha rimarcato il procuratore capo - consente di fare passi avanti investigativi e per questo dobbiamo assicurare la massima attenzione per tutelare chi con le proprie dichiarazioni ha contribuito al buon esito delle indagini. Sono emersi – ha concluso il dottore Policastro - non soltanto rapporti tra criminali e questo preoccupa fortemente per il futuro della nostra isola felice”.
Sulla difficoltà incontrata dagli investigatori per effettuare le indagini dopo la mancata collaborazione della maggior parte delle vittime si è anche soffermato il Questore di Benevento, Luigi Bonagura: “Condizione di estrema difficoltà per raggiungere gli obiettivi. Oggi raccogliamo i risultati di un lavoro meticoloso che è stato svolto grazie alla collaborazione di una vittima di usura e grazie al ruolo delle associazioni antiusura e antiracket.
Presenti al tavolo della conferenza stampa in Questura i vertici della Guardia di Finanza. La Polizia economica e finanziaria ha infatti contribuito alle indagini con indagini patrimoniali e finanziarie. “Voglio Ringraziare i miei militari – ha spiegato il colonnello Mario Intelisano, comandante provinciale delle Fiamme Gialle – per aver svolto un'indagine importante che ancora una volta rimarca la necessità delle azioni sinergiche delle forze dell'ordine in favore delle attività commerciali in difficoltà”.
È stato il Procuratore aggiunto di Benevento, Giovanni Conzo, che ha coordinato le indagini con il sostituto Flavia Felaco, ad entrare nel merito dell'attività investigativa e a rimarcare ancora una volta la paura di denunciare che nasce anche e soprattuto per le ritorsioni. “Nei confronti delle vittime si sono registrate minacce e danneggiamenti fino a poco tempo fa. Episodi sui quali stamo ancora indagando. Nonostante dalle intercettazioni emerga chiaramente come alcuni imprenditori si trovino a pagare soldi agli indagati, le vittime non denunciano come nel caso dei nove imprenditori.
Forse non hanno collaborato perchè hanno immaginato che in quel modo dovevano chiudere le attività perchè nessuno gli avrebbero dato credito”. Il dottore Conzo lancia per questo un appello: “Evidentemente lo Stato deve fare un ulteriore sforzo per far capire alle vittime di usura che ci sono i fondi a loro dedicati per bloccare le procedure esecutive e si ha accesso al credito. I fondi esistono. Dalla spirale dell'usura si esce solo con la denuncia”.
Indagini eseguite dalla Squadra mobile di Benevento, diretta dal dottore Ugo Armano – alla conferenza presente anche il commissario Rosario Pascarella – che ha illustrato sul piano operativo come si sono svolte le indagini partite dopo la denuncia della vittima: “Abbiamo capito che c'era un sistema di prestito di denaro con tassi calcolati annualmente dal 120 al 240 percento. Prestiti fatti dal 2013 al 2019. In alcuni casi gli imprenditori hanno dovuto cedere una parte dell'attività commerciale per far fronte ai debiti e in altri casi siamo intervenuti per minacce e danneggiamenti.
Sul fronte delle indagini economiche e finanziarie il tenente colonnello della guardia di Finanza, Giovanni Ferrajolo, ha invece spiegato come il lavoro investigatiovo sia “ancora in corso ed ha riguardato sia gli indagati che i loro congiunti. Un lavoro centrato su una eventuale “sproporzione tra i redditi dichiarati e i beni in reale possesso. “Alcuni beni sono finiti nel mirino e sono al centro di una misura di prevenzione che era stata già notificata ad uno degli indagati a giugno 2020”.