Avellino

Siamo tutti d'accordo, il 2020 è un anno da buttare, da tutti i punti di vista. È come se il Covid avesse infettato ogni cosa, ogni ambito, pubblico e privato, e anche la politica, o meglio il modo di fare politica, è stato profondamente influenzato dalla pandemia.

Su un'altra cosa siamo d'accordo: il virus ha colto tutti di sorpresa, cittadini e politici, la realtà ha superato qualsiasi analisi previsionale e nessuno, pensateci, ha desiderato nemmeno per un secondo di stare nei panni di chi comanda.

Ora, nei momenti di crisi, sotto il profilo umano e politico, generalmente si raccoglie quello che si è seminato. E le elezioni regionali di settembre hanno rappresentato il momento della verità per molti dei protagonisti della politica locale.

A cominciare da Vincenzo De Luca, la cui parabola meriterebbe un capitolo a parte nella saga della “politica ai tempi del covid”, fosse solo per l'incredibile rimonta che ha saputo operare nell'opinione pubblica quando tutti i partiti lo davano per spacciato, finito, incandidabile, impresentabile. Nella tempesta lo sceriffo ha capito che era il momento di giocarsi tutto. Lo ha fatto, e ha vinto. Tutti gli altri hanno dovuto adeguare la traiettoria. Chi per assicurarsi un posto alla corte del re Sole, chi per evitare di scomparire del tutto. Da destra a sinistra ognuno si è ricalibrato in funzione del covid e del nuovo protagonismo deluchiano.

La Guerra del PD. Se si vuole confinare il ragionamento nella sola provincia di Avellino il 2020 è stato l'anno dell'implosione del Partito Democratico. A poco è servito il ruolo “calmierante” del commissario Aldo Cennamo. Il congresso che avrebbe dovuto rimettere tutto a posto non si è mai svolto. La guerra fratricida iniziata già nel 2019 con l'elezione del sindaco Gianluca Festa, con le elezioni regionali ha raggiunto il punto di non ritorno.

E così tutto si è consumato sul ring delle candidature dem. Il primo round se lo aggiudica Michelangelo Ciarcia, presidente dell'Alto Calore, contro Livio Petitto, ex amministratore cittadino, costretto in extremis a candidarsi nella lista civica “Davvero”. Ma alla fine sarà qust'ultimo a guadagnarsi la poltrona a Palazzo Santa Lucia e per effetto di una legge elettorale a dir poco complessa e di una campagna altrettanto schizofrenica succede che anche la “blindatissima” Rosetta D'Amelio, già presidente del consiglio regionale, debba lasciare il posto, mentre l'ex demitiano Maurizio Petracca, passato nel Pd in tempi non sospetti, sarà tra i più votati in Irpinia con quasi 15mila preferenze, poco al di sotto di Vincenzo Alaia (Italia Viva) che porterà la bandiera renziana in consiglio regionale al fianco del governatore.

Nota a pare merita il caso Ariano con la rielezione di Enrico Franza. Dimessosi a gennaio 2020, Franza si è ripresentato a settembre incarnando il nuovo patto Pd-Cinque Stelle, vincendo sul candidato del centroestra Marco La Carità, dato per favorito.

Centrodestra in crisi. Ma se il centrosinistra irpino è stato stravolto dall'effetto covid e dal ciclone De Luca, anche nel centrodestra le cose non sono andate proprio come si sperava. Tutt'altro. Forza Italia, già messa in ombra al Carroccio si è progressivamente indebolita ed è stata segnata dalla lotta interna per la leadership. L'arrivo di un agguerrito Fulvio Martusciello sulla scena irpina in qualità di coordinatore provinciale ha creato tensioni, lo scontro con Cosimo Sibilia ha finito per sfibrare ulteriormente il partito sul territorio. Il colpo di grazia è arrivato con il "tradimento" di Domenico Biancardi, presidente della Provincia, quando ha lanciato l'endorsement per il candidato Alaia di Italia Viva. 

Anche la Lega di Matteo Salvini ha subito un contraccolpo notevole da queste elezioni regionali rispetto alle aspettative di gennaio. L'obiettivo era certo quello di radicarsi, ma anche qui l'effetto De Luca ha finito per stravolgere i piani di protagonisti locali, come il sindaco di Cassano Salvatore Vecchia che si sentivano già sulla rampa di lancio.

Diverso il discorso per il Movimento Cinque Stelle, rimasto orfano di Luigi Di Maio a gennaio è stato costretto a ridimensionarsi anche in virtù di un accordo politico a Roma che ha inevitabilmente condizionato la campagna elettorale in campania e anche in Irpinia.

Ma il bicchiere per i grillini è mezzo pieno. Perchè alla fine il Movimento riesce a piazzare il suo candidato, Vincenzo Ciampi, già sindaco di Avellino, l'unico per cui, diciamolo, il 2020 si è rivelato davvero un anno fortunato.