Dal primo gennaio la Gran Bretagna sara' fuori dall'Unione europea a tutti gli effetti. Ma che si riesca ad impedire il "no deal" non e' affatto scontato. I negoziati commerciali post Brexit dovranno concludersi entro il 31 dicembre, anche se a Bruxelles si spera di chiudere in questi giorni, prima del Consiglio europeo di giovedi' e venerdi' prossimi dedicato alle controversie sul bilancio pluriennale e il Recovery fund. I
colloqui con Londra, pero', restano molto complicati. In particolare su tre questioni considerate cruciali dalla parti: i diritti di pesca, i termini della concorrenza e la governance che dovra' dirimere eventuali contenziosi futuri. Dalla definizione di un accordo su questi temi, in sostanza, dipenderanno i rapporti di scambio tra il Regno Unito e l'Ue nei prossimi decenni.

"Nel peggiore dei casi - ha segnalato il Financial Times - i settori critici dell'economia britannica dovranno affrontare tariffe dannose per le esportazioni verso un mercato di gran lunga piu' grande". Ma il governo di Boris Johnson, in nome della sovranita' nazionale, tiene duro. Sulla pesca, Bruxelles chiede di mantenere la regola secondo cui i pescherecci di ogni Paese Ue possono accedere alle acque degli altri entro le 12 miglia marine dalla costa, in base ad accordi sulla pesca di ogni specie che vengono stabiliti ogni dicembre. La Gran Bretagna vuole invece discutere ogni anno le quote riservate ai pescherecci europei entro le 200 miglia marine di "zona economica esclusiva".
Una modifica che, evidentemente, potrebbe avere un impatto pesante sulle flotte Ue, al momento in grado di catturare il 60% del pescato nelle acque britanniche.

Secondo i negoziatori europei, Londra potrebbe anche cedere su questo punto, ma per alzare la posta sugli altri dossier. A cominciare dalle norme sulla concorrenza. L'Ue e' disposta ad un accordo commeciale che escluda dazi doganali e quote, ma in cambio pretende un'economia regolamentata alle sue porte. Anche sugli standard di inquinamento, senza il rispetto dei quali i produttori britannici si troverebbero in netto vantaggio su quelli europei, producendo una concorrenza sleale. La condizione posta sul tavolo, quindi, e' che in materia ambientale, come sul diritto del lavoro e la trasparenza fiscale, Londra si impegni non solo a non abbassare l'asticella, ma anche ad accettare un "clausola evolutiva" per aumentare nel tempo gli standard minimi. Ma la risposta non e' conciliante. Neppure di fronte alla minaccia di incassare contromisure unilaterali come i dazi. Pochi spiragli di intesa anche sulla governance delle future controversie. L'Ue vorrebbe affidarla alla Corte di Giustizia europea ma Londra chiede l'istituzione di un tribunale arbitrale ad hoc.
(ITALPRESS).