Ascoltiamo in questi giorni le urla di chi non ha altra risposta al dramma quotidiano che stiamo vivendo che soffiare sulla rabbia delle masse nel tentativo penoso di lucrare un po’ di consenso.
Ascoltiamo chi si vanta del lavoro fatto, mentendo su ciò che è accaduto in questo Paese con un tasso di mortalità altissimo e con un sistema sanitario che nei decenni è stato smantellato per soddisfare interessi privati, un sistema sostenuto solo grazie allo sforzo enorme del personale sanitario che a giorni alterni, a convenienza in base ai like, è fatto di eroi o di inetti, incapaci e svogliati.
Ascoltiamo le grida di un’Italia divisa su tutto, con una classe dirigente che si è mostrata come la peggiore della nostra storia ad ogni livello istituzionale che resta attenta all’immagine, alle parole, alle apparenze e non ai fatti, quelli non contano, anche se uccidono. Davanti al dramma non c’è stata pace, non c’è stata unità, non c’è stata serietà. Le istituzioni sono rimaste vittime di questo clima politico che ha trasformato tutto in un programma trash, in una comunicazione diretta e immediata, in una banalizzazione totale di ogni tema, in una rincorsa pericolosa a soddisfare le pance, gli istinti più bassi dell’umanità.
In queste urla si è spenta una delle donne che ha rappresentato da sempre per la nostra Repubblica un punto fermo, un faro che con le sue parole potrebbe illuminare anche questo buio nel quale ci siamo inabissati.
Carla Nespolo si è spenta il 4 ottobre scorso. La prima donna presidente della Associazione Nazionale Partigiani Italiani, parlamentare per il PCI, per i DS, si è sempre impegnata per affermare il valore attivo e non solo commemorativo della nostra Costituzione.
Nelle sue parole del 2018 per la celebrazione dell’eccidio di Monetaggio, c’è tutta la forza e la carica politica, umana e culturale che l’Italia dovrebbe riscoprire per provare ad uscire da questo buio.
Perché ricordare?
Ricordare ciò che è stato per capire il nostro oggi.
Questo è stato detto, questo condivido, su questo secondo me dobbiamo riflettere e lavorare. Quest’anno sono 70 anni che è entrata in vigore la Costituzione Italiana, quella Costituzione nata dalla Resistenza, fatta di 139 articoli, fatta delle disposizioni transitorie finali, una Costituzione bella, complessa, che nasce da culture politiche diverse, che sa mettere insieme i diritti individuali con i diritti collettivi. Per esempio il diritto al lavoro e la rimozione delle condizioni che rendono possibile questo diritto. Per esempio il rifiuto del razzismo e nello stesso tempo le condizioni per renderlo praticabile questo rifiuto, concreto.
La Costituzione è quella carta che ci fa stare uniti, assieme, diversi nelle nostre opinioni, ma rispettosi gli uni delle opinioni degli altri. Ce l’hanno insegnato quei ragazzi, ce l’hanno insegnato i partigiani.
Abbiamo avuto la più grande Resistenza d’Europa. Questa è la storia del nostro Paese, che non è solo pizza e mandolini. Questa è la storia democratica di un Paese cardine di un’Europa che vogliamo democratica.
Gli anni passano, dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni questi valori, coi linguaggi di oggi, con i temi di oggi.
La Costituzione deve essere attuata non perché è un verbo sacro, ma perché ci serve a migliorare il nostro presente e il nostro futuro.