Caserta

Uno strappo "pretestuoso", o al contrario "dettato dall'esigenza di ristabilire la legalita'", ma che comunque sta facendo molto rumore nell'universo del riutilizzo beni confiscati: e' quello del comune di Santa Maria la Fossa (CASERTA), piccolo centro del Casertano con 2700 residenti che qualche giorno fa ha deciso di uscire dal Consorzio pubblico Agrorinasce - le cui quote sono dei Comuni - che in provincia di CASERTA amministra decine di beni confiscati alla camorra, in particolare a quella Casalese. Un comune "strategico" Santa Maria la Fossa, perche' qui e' ubicata la tenuta de "La Balzana", estesa azienda agricola una volta appartenuta alla famiglia camorrista degli Schiavone, poi confiscata, abbandonata e ripresa con forza dallo Stato tramite proprio Agrorinasce, che ha realizzato un progetto di rilancio ottenendo fondi per trenta milioni di euro; alla Balzana si gioca dunque una delle "partite" piu' importanti per il settore dei beni confiscati. Con i primi quindici milioni di euro stanziati dal Cipe dopo un'istruttoria della presidenza del Consiglio dei Ministri e dall'Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati, Agrorinasce ha dato in fitto 30 ettari di terreno incolto a 35 coltivatori, che hanno avviato le proprie colture di grano, di pomodori, e ha iniziato a ristrutturare gli immobili presenti. Gli affittuari sono soprattutto piccoli imprenditori privati, mentre e' stato messo da parte il terzo settore, in particolare la rete di coop e associazioni che fanno perno attorno al Comitato Don Diana e a Libera, che nel resto della provincia gestisce con risultati oggettivamente positivi decine di beni confiscati. Ed e' proprio l'assenza del terzo settore una delle criticita' che hanno portato il Comune ad uscire dal Consorzio. "Vorremmo che La Balzana si aprisse alle tante associazioni presenti sul territorio" dice il sindaco di Santa Maria La Fossa Federico Nicolino, che nei mesi scorsi ha commissionato un parere legale, posto poi a base della decisione di lasciare Agrorinasce. Nel parere si legge che "Agrorinasce pone in essere attivita' con scopo di lucro, incassando i canoni di fitto, senza che il Comune di Santa Maria la Fossa abbia contezza del riutilizzo sociale o meno di tali proventi"; anzi "non risulta che tali proventi siano stati utilizzati per la realizzazione di specifiche e dettagliate progettualita' di carattere sociale, come prevede la legge". Altra criticita' e' relativa alla modalita' di assegnazione dei beni ad Agrorinasce da parte del Comune, avvenuto alcuni anni fa con delibera di giunta, non di consiglio comunale, e "senza effettuare - si legge nel parere - alcuna procedura ad evidenza pubblica, neanche ristretta". Sembra una sconfessione del lavoro svolto dalla precedente giunta di Santa Maria la Fossa, guidata dal sindaco Antonio Papa. "Non e' cosi' - spiega Nicolino - la nostra scelta e' stata dettata dalla necessita' di muoversi nel solco della piena legalita'". Attaccato da piu' parti, il direttore generale di Agrorinasce, Gianni Allucci, dice a chiare lettere che "la decisione di Santa Maria la Fossa e' pretestuosa, rischiamo che si blocchi del tutto il rilancio de La Balzana".