Avellino

Torna a parlare dopo un lungo silenzio, in esclusiva a OttoChannel (696 del digitale terrestre), dopo la rescissione consensuale con l'Avellino e la firma con il Cagliari. Dalle fasi contitate della separazione; passando per un'analisi, densa di retroscena, di una stagione finita ad un passo dalla finale play off; fino ad arrivare al racconto dei rapporti con il presidente Walter Taccone, il direttore generale Massimiliano Taccone e il direttore sportivo Enzo De Vito: ecco le verità di Massimo Rastelli.

Rastelli, lo ha già fatto nel corso della conferenza stampa di presentazione a Cagliari, ma è doveroso ricostruire i suoi ultimi giorni da allenatore dell'Avellino, partendo da quel lunedì cruciale, nel quale, dopo aver raggiunto un'intesa preliminare con l'Avellino per il prolungamento del contratto, è arrivata la telefonata del presidente Giulini.

«Voglio fare una premessa: se ho deciso di parlare adesso è perché in un primo momento, quando avevo indetto una conferenza stampa per giovedì 11 giugno, mi è stato impedito di farlo. In questo momento, essendo un allenatore libero da vincoli, voglio far sentire l'altra campana alla gente e ai tifosi dell'Avellino. Dopo aver trovato un accordo di massima lunedì mattina con il presidente Taccone, Enzo De Vito e Massimiliano Taccone, ci siamo ripromessi di rivederci il mercoledì successivo per siglare il prolungamento del contratto. Nella serata di lunedì ho ricevuto la telefonata del presidente del Cagliari, Giulini, che mi ha chiesto di fare una chiacchierata. Martedì mattina sono salito a Milano. Dopo un lungo colloquio mi hanno chiesto se potevo essere il loro allenatore. Ho fatto presente che dovevo parlare con l'Avellino e che per me era, comunque, una grande occasione. Ho avvisato, telefonicamente, il presidente Taccone di questa novità. Ho preannunciato che il giorno successivo sarei andato a parlare, a chiarire, a chiedere di lasciarmi libero. Perché Cagliari, per me, era ed è una grande opportunità».

Facciamo un passo indietro. Sulla traversa del Dall'Ara si sono infranti i sogni di gloria dell'Avellino, che è andato vicinissimo alla qualificazione alla finale play off: quello è stato l'ultimo atto di un anno intenso, in cui non sono mancati i momenti difficili.

«Siamo riusciti, meritatamente, a raggiungere i play off dopo un'annata da protagonisti. Siamo sempre stati nei play off e sarebbe stato un peccato non arrivarci. Ci siamo riusciti, abbiamo fatto dei play off straordinari, giocando una partita epica a La Spezia: con un uomo in meno per più di un'ora, siamo riusciti a vincere. E poi c'è stata la grandissima prova di carattere di Bologna, dove siamo usciti tra gli applausi. Per un centimetro non abbiamo raggiunto una finale che avremmo sicuramente meritato. Detto ciò, ci sono stati periodi difficili. Soprattutto i due mesi che hanno preceduto la fine del campionato, quando, in più di una circostanza, sicuramente, ho rischiato l'esonero. Dopo Crotone credo che la società avesse intenzione di cambiare. Sono stato messo nelle condizioni di dover dare le dimissioni cercando di colpire innanzitutto il mio staff, composto da persone in possesso di grandissima professionalità. Nel momento in cui hanno capito che avrei comunque continuato, e non mi sarei dimesso, hanno imposto come tutore del mio preparatore (Fabio Esposito, ndr) Nicola Agosti, che è stato, putroppo, messo in mezzo in una vicenda complessa. Proprio per quanto riguarda questo presunto cambio di preparazione, che, come ha recentemente dichiarato il presidente Taccone, ci avrebbe permesso di arrivare ai play off nel modo in cui ci siamo arrivati, ci terrei a precisare che abbiamo continuato a fare quello che abbiamo sempre fatto. Agosti ci ha affiancato: è un grande riatletizzatore, non è un preparatore atletico. Come staff abbiamo continuato a fare il lavoro di sempre: in quattro settimane non si può stravolgere un lavoro che, nel breve, non ti dà nessun frutto».

Con Walter Taccone non vi siete lasciati da buoni amici. Che rapporto è stato quello tra lei e il presidente?

«Il classico rapporto tra presidente e allenatore. Quando le cose andavano bene erano tutte rose e fiori, quando le cose andavano male c'erano le critiche. A volte, credo, ingiustificate. Perché abbiamo sempre ottenuto grandi risultati. Qualche momento negativo era normale che ci fosse per una squadra come la nostra, che non era tra le più forti come organico, ma che si è sempre difesa ottenendo grandi risultati. E questi tre anni lo dimostrano ampiamente».

Il direttore generale Massimiliano Taccone, nel giorno della presentazione di Attilio Tesser, non ha rinnegato i risultati raggiunti sotto la sua guida tecnica nelle ultime tre stagioni e le ha mosso un unico appunto: le modalità con cui ha gestito il suo addio. Sente di avere qualcosa da rimproverarsi? Ad esempio, è rammaricato di non aver avvisato la società che stava andando a parlare con il Cagliari?

«Mi sono molto piaciute le parole di Massimiliano Taccone. Ha detto la verità: sono stati tre anni straordinari, di grandissimi successi e risultati, nel corso dei quali Massimo Rastelli ha fatto grande l'Avellino e l'Avellino ha fatto grande Massimo Rastelli. Questo è indubbio. Non ho nulla da rimproverarmi. Rifarei tutto quello che ho fatto, perché l'ho fatto alla luce del sole ed in massima trasparenza. Sono andato solo a fare una normale chiacchierata di lavoro, come è giusto che sia. La società sapeva, anticipatamente, che se avessi avuto una chiamata da una società importante di A o comunque di B, come poteva essere Cagliari o Bologna, se non fosse andato in A, avrei chiesto di essere lasciato libero. Mi sono comportato nella maniera più corretta possibile».

Il suo triennio ad Avellino è stato caratterizzato da un legame molto stretto con il direttore sportivo, Enzo De Vito. Lavorando in sinergia avete raccolto risultati importanti. Sembravate inseparabili, ma alla fine i vostri percorsi professionali hanno preso strade diverse.

«Enzo è stato quello che mi ha voluto portare a tutti i costi ad Avellino. In questi tre anni abbiamo lavorato a stretto contatto, dandoci forza l'uno con l'altro. È stato un grande compagno di viaggio e, sicuramente, la sua competenza ha permesso di portare ad Avellino i giusti giocatori avendo un budget abbastanza contenuto. Si è dovuto impegnare e ingegnare molto per cercare di portare ad Avellino quei giocatori che potessero rientrare nei nostri parametri».

Come si immagina il suo ritorno ad Avellino da avversario?

«Sarà la partita più difficile dell'anno sotto tutti i punti vista, prima di tutto emotivo. Non sarà una partita come le altre: è innegabile ed è normale che sia così. Quelli ad Avellino sono stati tre anni fantastici, associati agli altri due da calciatore. Sono orgoglioso di essere stato l'allenatore di questa grande squadra, di questa grande piazza, che merita, sicuramente, la Serie A. Sono fiero di aver mantuenuto l'impegno con i tifosi: quello che ogni mio giocatore incarnasse lo spirito dei lupi; di aver ridato orgoglio ai nostri tifosi, che in passato erano stati umiliati e presi in giro. Abbiamo ottenuto grandissimi risultati. Vado via a testa alta, senza nulla da rimproverarmi».

Di seguito l'intervista telefonica, in versione integrale, di Massimo Rastelli a OttoChannel.

Marco Festa