Napoli

Il Covid-19 svuota le strade, porta il deserto lì dove c’era la vita, porta il silenzio lì dove il rumore e il caos hanno sempre regnato diventando simbolo, cliché, souvenir da vendere ai turisti. 

Bastano due passi nel Centro Storico di Napoli, nei vicoli che vengono calpestati per tutto l’anno da studenti e turisti di tutto il mondo, per rendersi conto di cosa stiamo vivendo davvero in questa fase pandemica. 

Il silenzio di Piazza Bellini il sabato pomeriggio è irreale. Gli unici suoni che si possono sentire sono il rimbalzare delle voci dei militari e i rumori di auto lontane che si perdono tra gli ombrelloni chiusi di quei bar che da sempre hanno rappresentato la vivacità giovanile della città. Dal Conservatorio non arriva nessun suono di strumenti e il portone serrato rende l’ambiente meno accogliente.

Sui tribunali camminando si può sentire il rumore dei propri passi, gli unici esseri umani che si vedono sono i riders sui motorini con i loro zaini porta cibo, simbolo di un mondo fatto di piattaforme, “lavoretti” e di chiusure domestiche, un mondo che aveva fatto breccia nelle nostre vite ben prima del distanziamento sociale. 

Davanti alle pizzerie storiche, quelle dei Clinton e dei “pizzaioli” patrimonio dell’umanità, non ci sono le solite file di affamati e non c’è più quel vociare di mille lingue che fa sembrare quella strada, quel ventre molle della città, una Babele confusionaria e distorta. 

Il freddo colpisce e fa respirare già aria di Natale, eppure arrivare a San Gregorio Armeno mette tristezza e angoscia. Quel vicolo ripido e stretto che rappresenta il Natale nel mondo, dove, con cura e arte tramandata di generazione in generazione, gli artigiani del presepe lavorano per tutto l’anno per mostrare un’arte antica e inimitabile, è vuoto, deserto con le saracinesche di tutte le botteghe abbassate. Di questi periodi ogni anni qui c’è il senso di marcia per i pedoni perché la calca è tanta da rendere impossibile anche solo respirare. 

Il silenzio e il vuoto mostrano un Centro Storico che ormai non è più abitato, una realtà urbana trasformata in attrazione turistica, fatta di b&b e locali per turisti, una parte di città che nel mostrare la sua napoletanità autentica e tradizionale ha perso i napoletani e si è svuotata. 

Nel silenzio irreale dei vicoli si sente l’assenza, la solitudine in una città che invece di solito non ha vuoti, vive di rumori, di contatti, di vicinanze. 

La pandemia ha svuotato di vita e di socialità quei vicoli che per secoli sono stati l’emblema della città dei passaggi, degli incontri e degli scontri umani. 

Napoli zona rossa è una città qualunque, che rischia di sparire nel silenzio irreale del vuoto creato nei decenni. Il deserto del Centro Storico in un sabato pomeriggio di pandemia mostra tutta la nostra fragilità che non è solo economica, ma soprattutto sociale, culturale e umana.