Questo virus che ha fermato il mondo mettendo in evidenza i ritardi storici che l’Italia ha accumulato in alcuni settori. 

Abbiamo visto il nostro sistema sanitario, dopo anni di tagli e mala gestione, collassare nonostante l’impegno esemplare di tanti operatori. 
Abbiamo visto la scuola, da sempre preda di politiche che nel tempo hanno spogliato di fondi, di importanza e di forza quest’istituzione,  chiudere. 

In questi giorni di confusione normativa, politica e sociale, si è discusso molto di scuola, in Campania e in molte altre regione, i governatori hanno deciso di chiudere, affidandosi ad una didattica a distanza che solca ancora di più una differenze di classe che avevamo dimenticato. 

In queste settimane abbiamo visto gli insegnati e i dirigenti scolastici scendere in piazza a manifestare insieme con i bidelli e gli studenti. Abbiamo riscoperto un mondo meraviglioso che avevamo dimenticato quello della scuola italiana. E proprio in questi giorni l’Italia ha ricordato, a cento anni dalla sua nascita (23/10/1920), una figura che rappresenta l’innovazione, il coraggio e il senso stesso della scuola, Gianni Rodari.
Rodari con il suo capolavoro “Grammatica della Fantasia ha consegnato agli insegnanti e tutti coloro i quali hanno a che fare con i bambini e gli studenti, un patrimonio che ha cambiato la pedagogia. 
La sue favole, le sue rubriche sui vari giornali con gli pseudonimi, la sua battaglia continua per i ragazzi e contro le diseguaglianze, fanno di Rodari un faro che ha illuminato l’Italia e il mondo anche in questa difficile emergenza che stiamo vivendo. 
Le sue lezioni sono state lette ai bambini sui balconi, le sue parole sono riecheggiate nelle piazze. Chissà cosa direbbe dinanzi a questa follia che abbiamo vissuto, chissà cosa riuscirebbe a tirar fuori da questa crisi. 
E forse oggi in Italia e nel Mondo a mancare è proprio questo: la capacità del mondo culturale di reagire con le idee e con l’immaginazione a questa nuova crisi.

A 100 anni dalla nascita di Gianni Rodari e in un momento nel quale la scuola sta soffrendo, ci sembra utile ricordare questa figura fondamentale con il discorso che tenne a Bologna nel 1970 in occasione del XII Congresso dell’International Board on Books for Young People (IBBY) quando gli venne consegnato il premio Hans Christian Andersen.

Ringrazio la giuria che mi ha assegnato questo premio intitolato al grande e caro nome di Andersen. Ringrazio il dottor De Azaola per tutte le belle cose che ha detto di me, dei miei libri. Ma se dovessi ringraziare tutti quelli di cui in questo momento mi sento debitore, non finirei mai. Per esempio, mio padre. Era un fornaio e voleva molto bene ai gatti. Avevamo sempre dei gatti in casa. Forse è per questo che mi vengono in mente tante storie di gatti. Per esempio la storia di un gatto che aveva il bernoccolo degli affari e mise su un bel negozio di generi alimentari. Questo gatto vendeva topi in scatola. Cioè, questa era la sua intenzione e per questo aveva comprato tante belle scatole di latta e aveva preparato un bel cartello con su scritto: “Diamo gratis l’apriscatole a chi compra tre scatolette”. Il guaio è che i topi non volevano saperne di entrare nelle scatole. E infine il gatto dovette cambiare mestiere. Poi, la storia di un gatto che si chiamava Milano. Il suo padrone era il capostazione di Bologna. Quando arrivava un treno il gatto correva fuori a vedere; il capostazione correva fuori per paura che il gatto finisse sotto il treno e lo chiamava: Milano, Milano! E tutta la gente, credendo di essere già arrivata a Milano, giù dal treno, fregandosi le mani. Di qui molte confusioni e avventure.
Credo proprio che il premio Andersen mi abbia messo addosso una gran voglia di scrivere storie di gatti. E spero che nessuno scambi questo proposito
per una minaccia, o mi venga a dire che storie così sono fatte per impedire ai bambini di diventare persone serie.
Intanto, si può parlare degli uomini anche parlando di gatti e si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre.
E poi, che cosa intendiamo per persone serie? Facciamo il caso del signor Isacco Newton. Secondo me era una persona serissima. Ora una volta, se è vero quello che raccontano, stava seduto sotto un albero di mele e gli cadde una mela in testa. Un altro al suo posto, avrebbe detto quattro parole poco gentili e si sarebbe cercato un altro albero per stare all’ombra. Invece il signor Newton comincia a domandarsi: E perché quella mela è caduta all’ingiù? Come mai non è volata all’insù? Come mai non è caduta a destra o a sinistra, ma proprio in basso? Quale forza misteriosa l’attira in basso?
Una persona priva di immaginazione ascoltando discorsi del genere, avrebbe detto: “Questo signor Newton è poco serio, crede in forze misteriose, magari crede che ci sia un mago dentro la terra, pensa che le mele possano volare come il tappeto delle Mille e una notte, insomma, alla sua età, crede ancora nelle favole”. E invece io penso che il signor Newton abbia scoperto le leggi della gravitazione universale proprio perché aveva una mente aperta in tutte le direzioni, capace di immaginare cose sconosciute, aveva una grande fantasia e sapeva adoperarla.
Occorre una grande fantasia, una forte immaginazione per essere un vero scienziato, per immaginare cose che non esistono ancora e scoprirle, per immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo.
Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi, essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo, gli può dare delle immagini anche per criticare il mondo. Per questo credo che scrivere fiabe sia un lavoro utile. Debbo dire che è anche un lavoro divertente e da un certo punto di vista è strano che uno faccia un lavoro che lo diverte e per di più venga pagato per questo, e magari premiato.
In effetti, sarebbe bene che tutti potessero fare un lavoro che li impegna, li interessa e li diverte. Questa è per adesso una utopia, cioè una fiaba. Ma molte volte le fiabe si realizzano. Per esempio, nelle fiabe ci sono tappeti volanti, navi volanti: ed ecco che noi abbiamo il jet supersonico. Non possiamo ancora dire, come nelle fiabe, “tavolino apparecchiati!”, però possiamo dire “bucato, lavati!”,“piatti, sciacquatevi!”.
Quello che diciamo può diventare vero.
Il vero problema è di riuscire a dire le cose giuste per farle diventare vere. Nessuno possiede la parola magica: dobbiamo cercarla tutti insieme, in tutte le lingue, con modestia, con passione, con sincerità, con fantasia; dobbiamo aiutare i bambini a cercarla, lo possiamo anche fare scrivendo storie che li facciano ridere: non c’è niente al mondo di più bello della risata di un bambino.
E se un giorno tutti i bambini del mondo potranno ridere insieme, tutti, nessuno escluso, sarà un gran giorno, ammettetelo.