Avrebbero falsificato la firma del presidente del Tribunale di Vallo della Lucania per appropriarsi indebitamente di 280mila euro destinati ad un ragazzo affetto da tetraparesi spastica. Il raggiro è stato portato alla luce dai carabinieri del Reparto Territoriale di Nocera Inferiore che hanno arrestato un 48enne di origini calabresi ma residente ad Agropoli, finito ai domiciliari. Per un 62enne di San Valentino Torio, invece, è scattata la misura interdittiva del divieto di esercizio di impresa per la durata di dodici mesi. Nei guai anche un 35enne di Novara per il quale, insieme agli altri due indagati, è scattato il sequestro preventivo di denari e beni per un valore di oltre 280mila euro. Gli indagati sono ritenuti responsabili a vario titolo di falso, truffa, riciclaggio, sostituzione di persona e possesso di documenti falsi.
Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Angelo Rubano hanno consentito di scoprire gli autori di una sofisticata truffa effettuata ai danni di un 29enne originario di Agropoli, affetto da tetraparesi spastica, con disabilità al 100% a cui è stato sottratto il valore di una polizza sottoscritta a causa della patologia sofferta. Le attività sono state avviate a seguito della denuncia presentata della sorella, tutrice della vittima, dopo aver ricevuto la comunicazione da parte della compagnia assicurativa dell’avvenuto svincolo della somma pari ad oltre 280.000 euro. Dagli accertamenti è emerso che il principale artefice del raggiro, con la complicità di una donna (rimasta finora non identificata) sostituitasi alla sorella della vittima, si era recato presso un’agenzia assicurativa a Novara, munito di documenti falsi, per richiedere il riscatto della somma. L'uomo, in particolare, aveva creato una falsa autorizzazione del Presidente del Tribunale di Vallo della Lucania, quale Giudice Tutelare competente, attraverso la quale aveva indotto l’operatore a ritenere che avesse disposto lo svincolo del denaro. La somma, così sbloccata, al fine di riciclarla, è stata poi trasferita per gran parte su un conto corrente intestato a una società con sede a Pagani facente capo all’imprenditore raggiunto della misura interdittiva. Il sequestro dei beni degli indagati è finalizzato ad assicurare il prodotto del reato, fino alla concorrenza del valore illecitamente sottratto alla vittima, in vista della futura confisca per equivalente all’esito del giudizio.