L’Italia è un Paese fatto di storie complicate, dove i racconti individuali non esistono perché sono sempre parte di un intreccio che mette in rilievo la famiglia, la propria terra, le proprie origini.
Esattamente 37 anni fa a Maddaloni, in provincia di Caserta, veniva ucciso in agguato Francesco Imposimato.
Franco avrebbe compiuto 44 anni a dicembre, aveva due figli, Giuseppe e Filiberto, era impiegato presso la FACE Standard di Maddaloni, era un sindacalista della CGIL con mille interessi culturali. Era in macchina con la moglie, tornavano a casa dal lavoro, quando si ritrovarono bloccati da una Ritmo 105 dalla quale scesero uomini armati che aprirono il fuoco.
Franco fu colpito 11 volte e morì sul colpo, la moglie, Maria Luisa, riuscì a salvarsi.
Franco era un personaggio scomodo per la camorra locale, certo, ma ha pagato il prezzo di essere il fratello del magistrato Ferdinando Imposimato che stava facendo luce sul caso Moro, mettendo in luce la partecipazione delle varie criminalità organizzate italiane dalla banda della Magliana a Cosa Nostra in quel mistero italiano che mai si dipana. E proprio la banda della Magliana decise, con la complicità della mafia siciliana, l’omicidio del fratello del magistrato.
Un omicidio che mostra una collaborazione totale tra la criminalità organizzate d’Italia e parti neanche più tanto occulte dello Stato. Il tentativo iniziale fu quello di far passare l’omicidio come “politico”, imputandolo alle Brigate Rosse o comunque alla galassia dell’eversione terroristica.
Una telefonata giunse infatti all’Ansa di Napoli per dire “è stato ucciso il fratello del magistrato boia”, una sorta di rivendicazione che invece era studiata ad arte. La verità giudiziaria si avrà solo nel 2000 con il processo Spartacus.
Una storia italiana di colpe inesistenti, di disattenzioni che puzzano di organizzazione, di criminalità che si mischia allo Stato e si muove con serenità nei meccanismi del potere, di coraggio di chi non si piega e continua il suo lavoro, la sua ricerca di verità, la sua guerra per difendere la Repubblica.
In questo giorno ricordare le parole che Ferdinando Imposimato dice al fratello nel giorno del 34esimo anniversario riporta questo dramma collettivo in una dimensione anche umana, anche individuale, soprattuto familiare. Nelle parole del fratello c’è la dolcezza di ogni fratello, il rimpianto di ogni vittima, il valore di ogni battaglia.
Ferdinando Imposimato è morto il 2 gennaio del 2018 e nella sua vita, con le sue azioni e con il suo impegno ha dato valore e prospettiva al sacrificio del suo “caro Franco”.
Carissimo Franco,
Oggi è il 34esimo anniversario di quel barbaro assassinio che ha colpito te e anche la carissima Maria Luisa che è sopravvissuta, che è sopravvissuta.
Undici colpi ti hanno attinto, io so bene di essere stato la causa di questo orrendo delitto, lo so bene ma non ho avuto colpa. Ho cercato in tutti i modi di evitare questo evento, quest’assassinio, chiedendoti di trasferirti, ho cercato io stesso di essere trasferito, sono andato al Consiglio Superiore della Magistratura a parlare con il consigliere Michele Aiello che non mi ha creduto. Ti ho implorato di stare lontano da Maddaloni per almeno un anno. Non è stato possibile. Tu, generosamente, hai voluto rinunciare alla scorta e questo ha comportato la tua fine. Ma io credo che ti abbia fatto una cosa meravigliosa perché dice Solone: “è felice chi muore felice”. Tu sei morto in guerra come Kennedy, tu sei morto per la libertà e per la democrazia. Tu mi hai detto di continuare e io sto continuando e continuerò le battaglie che tu hai iniziato a Maddaloni in difesa dei più deboli.
Quindi caro Franco, so che mi hai perdonato per aver cagionato la tua morte, però sappi che i tuoi figli, Giuseppe e Filiberto, sono degli uomini eccezionali che ti vogliono bene continuano a volerti bene. Io aspetto di fare l’ultimo viaggio per venire ad abbracciarti perché ti voglio tanto bene. Ciao Francesco.