Condannato Michele Zagaria, il capoclan dei Casalesi, per le minacce al direttore del penitenziario di Opera a Milano.
A decidere la condanna è stato il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, che ha condannato il boss, difeso da Paolo Di Furia, a tre anni e nove mesi di carcere per le minacce al direttore del penitenziario milanese, quelle ad un psichiatra della struttura e le lesioni provocate ad una guardia penitenziaria.
Zagaraia, originario di Capsapesenna, è da anni recluso in regime di 41bis. Per lui il pubblico ministero aveva chiesto otto anni e mezzo di carcere per dieci capi di imputazione, tutti con l'aggravante mafiosa; il giudice monocratico ha condannato Zagaria per minacce, lesioni e danneggiamento, assolvendolo per altre contestazioni, come la resistenza a pubblico ufficiale. I fatti contestati a Zagaria sono avvenuti tra il 5 e il 19 maggio 2018, quando Zagaria nel carcere di Milano-Opera, distrusse le telecamere di sorveglianza installate nella sua camera detentiva aggredendo gli agenti addetti alla sua vigilanza; sempre in quei giorni il capoclan pronunciò davanti allo psichiatra del carcere gravi minacce verso il direttore.
"Il direttore - disse allora il boss - lo paragono ad una busta di immondizia, e io l'immondizia la butto fuori”. Al professionista che lo ascoltava, Zagaria disse inoltre: "gli psichiatri come hanno fatto a mettere a me la busta in testa, così posso fargliela mettere a loro".
Altro episodio contestato avvenne il 18 maggio, quando Zagaria offese ad alta voce, facendosi sentire da altre persone, un agente penitenziario, che poi colpì con due schiaffi al volto; lo stesso giorno, il boss dei Casalesi minacciò un altro agente che doveva fare rapporto.
"Se quel rapporto esce fuori dalla sezione, io prendo quindici giorni di isolamento, quindi dato che lei è una persona intelligente, sa cosa deve fare". Michele Zagaria è attualmente recluso nel carcere di Sassari. Ad Opera è recluso invece Pasquale Zagaria, fratello del capoclan, tornato in carcere dopo cinque mesi trascorsi ai domiciliari per motivi di salute.