Di Michele Buscè, presidente delle “Sentinelle del fiume Sarno”, sono noti gli scritti e la purezza degli intenti. Gli appelli per il recupero del bacino idrografico del fiume Sarno si ripetono, ahinoi inascoltati, negli anni. I dati, puntualmente riferiti e sapientemente spiegati, sono le quinte peggiori di uno scenario cupo e pessimista, che è sotto gli occhi di tutti. Ottopagine da sempre ha sposato la causa ambientale come attività primaria del proprio impegno editoriale. Il Sarno è una “questione” politicamente irrisolta, perché eticamente non compresa. Nell'articolo che segue ci sono fatti e prove. Per iniziare a capire.
(Federico Festa)
Gentile Direttore,
colgo l'occasione, da giornalista ambientale, di scrivere un articolo sulla sua testata per far arrivare un messaggio importante sulla tematica dello sfruttamento o offesa della risorsa idrica che affligge il Bacino Idrografico del Fiume Sarno e la ringrazio anticipatamente per lo spazio a me gentilmente concesso dando il mio saluto ai suoi attenti lettori.
Senza acqua
Presi dall'inquinamento del Fiume Sarno, spesso dimentichiamo che un fiume per essere chiamato tale ha bisogno di acqua, preferibilmente acque di sorgenti che non abbiamo ricevuto alcun tipo di trattamento o fonti di inquinamento serie di tipo antropico sia alla loro origine o durante il loro percorso freatico o negli acquiferi sotterranei. Il Bacino del Sarno sta vivendo un grande dramma, “vado alle corte” e comunico ai suoi attenti lettori che questo territorio di oltre 500 chilometri quadrati vive ad oggi diversi drammi. Uno tra questi è la fine delle Sorgenti, molti non conoscono l'esistenza delle tante Sorgenti presenti in questo vastissimo territorio e magari sono legati alle più famose; Rio Santa Marina, Rio Foce, Rio Palazzo senza sapere però che queste ultime citate sono acque di sfioro dell'acquedotto campano addizionate di cloro che contaminato pesantemente il percorso fluviale e non sono più sorgenti “vere”, autentiche originali, sono un po' come acqua di rubinetto. Il Cloro è fonte di morte della biodiversità autoctona originaria e alloctona del Fiume ma nonostante questo al suo interno resistono varie forme di flora e fauna o che hanno sviluppato resistenza o perchè le concentrazioni inquinanti di cloro non inficiano gravemente il loro organismo, fatto sta però che alcune forme di vita non riescono a vivere, basti pensare ai gamberi di fiume, quelli nostrani.
Emungimenti eccessivi
La nostra esigenza, in parte legittima ed in parte impropria di “sete” di acque, utilizzate per svariati motivi, ha portato i comuni, i soggetti gestori nei servizi idrici integrati e i grandi adduttori di acque a perforare la crosta emungendo acqua dagli acquiferi sotterranei e captando sorgenti vitali per i corsi d'acqua. Quindi corsi d'acqua e sorgenti ad oggi non svolgono più la loro funzione di supporto e nascita della biodiversità locale ma per la maggioranza dei casi i corpi ricettori sono veri e propri mezzi di trasporto di reflui in assenza delle sorgenti. Reflui di varia natura che hanno preso posto alle acque di Sorgente ormai decimate e captate.
Sorgenti morenti
Decimate perchè con la grande adduzione dei pozzi cittadini, di comprensorio, industriali e dei grandi adduttori gli acquiferi non riescono in un certo modo a riempirsi di acqua che dovrebbe arrivare per lo più dalle piogge, invece ad oggi queste sorgenti sono captate quasi tutte da quei comuni che avevano la fortuna di avere delle sorgenti sui propri territori e questi hanno deciso di inglobarle nel sistema del servizio idrico integrato locale e comprensoriale. Molti comuni ad oggi emungono acqua in modo indipendente senza interfacciarsi con il Servizio Idrico Integrato e non ne conosciamo i numeri di consumo e di dispersione, una sorta di prelievo abusivo dell'acqua bene comune, il servizio integrato delle acque aveva come obiettivo quello di dare l'acqua a tutti in modo equo con la creazione e manutenzione delle infrastrutture idriche, ad oggi però non sembra essere concentrato, questo sistema, sulla diminuzione dello spreco della risorsa idrica. Ma resto positivo sulla sua positiva evoluzione.
Capita il più delle volte che comuni che si trovano a distanza centinaia di chilometri l'uno dall'altro ricevono acque di comuni altrettanto distanti, ad esempio come le acque di Acerno dei fantastici monti Picentini che fanno un viaggio infinito per arrivare nella pedemontana dell'Agro Nocerino.
Nelle mie esplorazioni di ricerca ambientale e scientifica mi occupo, tra le tante cose, di studiare gli andamenti dei deflussi delle sorgenti, della loro fine e del loro inizio. Devo dire che nel Bacino del Sarno di sorgenti ne vedo sempre più “finire” e assisto sistematicamente alla diminuzione del deflusso delle acque. Per portare un esempio immediato, in Montoro alla frazione Preturo la Sorgente Laura, minore tributario del Torrente Solofrana, da una portata di 56 litri al secondo ora è inattiva e non sapremo quando e se riprenderà il suo deflusso, la Sorgente Labso, sempre in Preturo, che trasportava 66 litri al secondo ora ne trasporta appena 25, la sorgente del Fiumicello Borgo sita nella frazione Borgo di Montoro invece sta per diventare inattiva così come è successo alla Sorgente Laura.
Queste acque aiutate dalla conformazione del letto di origine piroclastica riescono a defluire per circa 5 chilometri nel Solofrana per il tramite del canale Fiumarello sito tra Montoro e Mercato San Severino mentre le tre ultime sorgenti presenti e lasciate libere di scorrere, su Solofra tra cui, Granci e Acque delle Celentane non riescono ad oltrepassare il limite della frazione di Torchiati di Montoro e quindi le acque si fermano in quel punto. Queste acque il più delle volte sono accompagnate dai reflui conciari quindi permeano nel sottosuolo locale inglobando il tetra colo etilene ed altri composti mortali.
La mancanza di acqua nei corpi idrici superficiali è una tragedia perchè la presenza di quell'acqua pura ha creato per decenni, una biodiversità fluviale che ora rischia di perire. Nelle mie esplorazione sulle sorgenti ho già notato la migrazione della fauna più a valle dove è concentrata più acqua, mentre a monte lo scenario è apocalittico, un deserto vero e proprio.
A questo voglio allacciare un argomento che quasi sembra non interessare a nessuno, il Minimo Deflusso Vitale dei corsi d'acqua, è vero che ad oggi l'acqua è poca ma non è talmente poca da non garantire il minimo deflusso delle acque nei corpi idrici superficiali. Il Minimo Deflusso Vitale viene applicato alle tre sorgenti del Sarno e dobbiamo applicarlo anche a tutti gli altri tributari a cui impropriamente è stata sottratta l'acqua evitando la declassificazione del corso d'acqua diventando non più utile per la biodiversità lasciando poi spazio a modifiche, come la tombatura per dare spazio a vie e parcheggi.
I volumi idrici complessivamente prodotti alle fonti regionali per il comparto idropotabile sono pari a circa 866 Mm3/anno. Di questo volume, una aliquota pari a 285 Mm3/anno e una aliquota pari a 340 Mm3/anno sono rispettivamente ceduti e acquisiti attraverso scambi interambito e interregionali. Il totale immesso in rete è dunque pari a circa 921 Mm3/anno. Anche il PTA – Piano Tutela delle Acque della Regione Campania, indica che i volumi immessi in rete corrispondono a circa 921 Mm3/anno, con un volume fatturato di circa 450 Mm3/anno. Se ne deduce quindi che un’aliquota variabile compresa tra il 55-60% della risorsa impegnata viene persa o non contabilizzata. All’orizzonte dell’anno 2022, i fabbisogni idropotabili della Campania sono stati stimati in 624 Mm3/anno15.
I conti non tornano e se li vogliamo accostare ai dati delle piogge, raschiamo il fondo. Porto un esempio su Nocera Inferiore, un po' il centro dell'Agro. In questo anno il 2020 ha piovuto per 325 mm per metro quadro oltre la metà di quanto ne dovrebbe cadere sul suolo, quest'ultimo pesantemente impermeabile per via di attività antropiche, infatti questa poca acqua caduta non sarà neanche utile a rimpinguare la falda sottostante, insomma un dramma nel dramma.
Questo fa capire che bisogna immediatamente e non domani, ma già da oggi, invertire la rotta sulla concezione del consumo idrico e quindi la tutela delle acque. Bisogna partire dalle case, passare per le aziende per poi arrivare agli “emungitori”, sia privati che pubblici della risorsa idrica. Innanzi tutto in casa dobbiamo avviare un importante e utile processo di tutela delle acque ossia, il loro recupero e riutilizzo, se piove bisogna recuperare la pioggia per la giusta quantità che potrà servire per la propria casa, lo stesso va fatto nelle industrie fino a chiedere ai grandi adduttori e ai soggetti gestori di attivare importanti campagne di diminuzione dell'utilizzo delle acque e non spot legati solo al periodo estivo. Si può arrivare fino a oltre il 70% in meno di utilizzo della risorsa in tutti i comparti che siano casalinghi fino a quelli industriali. A questo bisogna associare azioni di incentivazione economica su larga scala con l'acquisto di sistemi di riutilizzo e recupero delle acque, questi ultimi possibilmente eco compatibili.
Le amministrazioni locali devono creare aree drenanti deasfaldando le aree parcheggio o aree inutilmente asfaltate e nella costruzione di aree nuove, valutare l'impatto della impermeabilizzazione che potrebbe avere nei confronti degli acquiferi sottostanti. Nelle aree di nuova realizzazione urbana bisogna creare aree drenanti che hanno duplice obiettivo, la discesa dell'acqua in falda e la mitigazione del rischio idraulico impiantando alberi sulle aree che tengano attivo il processo di permeabilizzazione. Ho visto con i miei occhi comuni che nella realizzazione di grandi parcheggi hanno destinato all'allagamento quartieri più a valle. L'acqua deve restare sul territorio, trattenendola in modo intelligente, se invece la facciamo scorrere a mare in modo rapido allora questa volontà utile di trattenere le acque non avverrà mai.
Abbiamo toccato diversi argomenti, dalle acque di sorgenti, al cambio di destinazione naturale dei fiumi i quali trasportano reflui e non più acque sorgive, dalla fine della biodiversità fluviale in assenza d'acqua, dal recupero e riutilizzo delle acque domestiche ed industriali fino ad arrivare al drenaggio urbano, può sembrare un testo vago, invece non lo è ve lo assicuro, non è altro che un “ciclo delle acque” che dobbiamo iniziare a rispettare nelle aree antropizzate come la nostra.
In un prossimo articolo invece vi scriverò di come sarà impossibile fare sì che il Bacino del Sarno venga disinquinato. Sono fattori tecnici che costringono il Bacino del Sarno a restare inquinato e nei casi migliori, meno inquinato.
Michele Buscè