In Campania si andrà a votare tra pochi giorni e in questa campagna elettorale, a far riflettere e preoccupare, ci sono silenzi e le indifferente della politica. Un silenzio assordante e inaccettabile è calato sul tema della camorra nonostante sia la questione centrale che da sempre blocca le prospettiva e ruba le speranze e il futuro ai campani. 

Eppure la camorra uccide ancora. La camorra chiede ancora il pizzo, distrugge i mercati e le economie, inquina, sfrutta e impoverisce.
La camorra però vota e fa votare e in un’elezione con le preferenze e senza alcuna tensione ideologica, la camorra indirizza, condiziona e spesso in molte realtà decide e governa.

E quindi il silenzio, purtroppo ormai tipico, sulla camorra è un silenzio complice, che mostra una classe dirigente pronta a tutto pur di conservare la sua esistenza. In una regione che in questi giorni vive l’anniversario del barbaro omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo il silenzio è ancora più preoccupante e vigliacco. Quello di Vassallo è un delitto che ancora, dopo 10 anni, non ha visto una verità giudiziaria. Come spesso accade, per le vittime non c’è pace, non c’è giustizia e le trame che si muovono dietro ogni agguato, dietro ogni colpo sparato, dietro ogni omicidio, restano per decenni coperte, nascoste in quel fumo creato ad arte da chi non vuole la verità. 

La storia di Vassallo è la stessa di Lorenzo Rago, sindaco di Battipaglia che si schierò con forza contro la penetrazione della camorra nel suo territorio, scomparso il 20 Gennaio 1953 e mai più ritrovato. La storia di Vassallo è la stessa di Antonio Esposito Ferraioli, cuoco della mensa della FATME, una fabbrica di Pagani, e sindacalista che fu ucciso dalla camorra il 30 agosto del 1978 per la sua inchiesta sull’uso di carne di provenienza sospetta in mensa. È la stessa storia di Pasquale Cappuccio, consigliere comunale del PSI nel comune di Ottaviano ucciso il 13 settembre 1978 su mandato di Cutolo per le sue denunce contro la camorra; di Mimmo Beneventano consigliere comunale del PCI nello stesso comune e ucciso il 7 novembre 1980, sempre su mandato di Cutolo, per la sua attività politica, culturale e sociale contro la camorra. Quella di Vasallo è la stessa storia di Marcello Torre, sindaco di Pagani ucciso l’11 dicembre del 1980, sempre su decisone del boss della Nuova Camorra Organizzata, per essersi messo di traverso agli sfruttamenti della camorra sui fondi del post-terremoto 1980.

Sono storie uguali, fatte di uomini e donne che scelgono di non chinare più il capo davanti ad un potere opprimente, ingiusto, che incute paura e vive di sottomissione. Sono storie che ci raccontano la vera Campania fatta di poteri criminali e di persone capaci di contrastarli fino a sacrificare la propria vita pur di rimanere liberi. Il silenzio di questi giorni non rende dignità al coraggio, al valore e al sacrificio di tutte le vittime di camorra. In questo mutismo dilagante, ricordare oggi le parole di don Ciotti serve a squarciare questa cappa di omertà e connivenza che non è più accettabile.

 

Questo 21 marzo sia un'occasione di riflessione, di ulteriore responsabilità e di tanto impegno. Palermo era pronta per raccogliere e per accogliere al meglio migliaia di persone. Ma sarà pronta altrettanto a ottobre.
In questi giorni la memoria riconoscente si manifesta come vicinanza a chi è impegnato in prima linea nel combattere questo terribile virus, curando e salvando tanti ammalati. E anche come ricordo delle sue vittime, che in molti casi sono morte in solitudine, senza il conforto della presenza dei loro cari impossibilitati, per ragioni sanitarie, ad accompagnarle nell'ultimo tratto di vita. Siamo chiamati oggi a fare la nostra parte, adottando comportamenti responsabili, seguendo tutte le misure necessarie.
Spero che questo virus sia al più presto contenuto e debellato. Ma attenzione, il ritorno a una vita sociale normale, non faccia dimenticare gli altri virus che da lunghi decenni infestano il nostro Paese. Sono parassiti a cui troppi hanno fatto l'abitudine, sottovalutandone il danno: mafie, corruzione, ingiustizie sociali, lo smantellamento dei diritti. Una democrazia a volte pallida, la distruzione ambientale, in molti casi il tradimento della nostra Costituzione.
Questa situazione complessa e dolorosa può essere vissuta come un'opportunità. Ce l'ha ricordato in questi giorni Papa Francesco dicendoci che questo momento 'è tempo da non sprecare'. È molto bello questo continuare a comunicare a distanza come abbiamo visto in questi giorni: i contatti attraverso il web, il cantare assieme, dalle finestre e dai balconi. Ma questo bisogno di colmare le distanze non ci faccia dimenticare le distanze che esistevano e che continuano a esistere. Parlo delle distanze sociali ed economiche. Il senso di solidarietà che proviamo adesso, sotto la minaccia del virus, deve sopravvivere al virus, trasformarsi in un impegno collettivo, per costruire un mondo più giusto, più umano, più uguale.
Mai come in questo frangente storico, nonostante il grande impegno di magistratura e forze di polizia, le mafie sono forti e potenti. Potenti perché insediate in un sistema economico e finanziario che, se non criminale, è criminogeno e che, se non ha accolto le mafie, non ha fatto certo nulla per impedirne l'accesso in un intreccio di omissioni, distrazioni e complicità. Non solo le zone grigie, ma l'osmosi che si è creata fra legale e illegale: da un lato mafie flessibili, reticolari, imprenditrici e sempre più globali; dall'altro la corruzione e, diciamo, la mafiosizzazione di vaste parti di società e dei poteri che le rappresentano. 
L'impatto dell'emergenza sanitaria sui diritti dei poveri e degli emarginati necessita di maggiore attenzione e di misure di tutela. Penso anche alle condizioni delle carceri: l'effetto del decreto legge non è stato sufficiente: si doveva e si può fare di più. E infine non possiamo non pensare al popolo della strada, a chi è senza casa, senza fissa dimora. E pure alle guerre, che in tante parti del mondo continuano a insanguinare terre, seminando dolore, morte e terrore.
Anche quest'anno, in queste condizioni, sia una memoria viva. Le vogliamo ricordare tutte, le vittime delle mafie, della corruzione, le vittime del dovere, del terrorismo, della criminalità comune, le vittime sul lavoro, le vittime del femminicidio, della violenza della guerra, della sopraffazione. Un nome, non dimentichiamolo mai, è lo scrigno della nostra unicità e diversità. Allora, un abbraccio e un appuntamento a Palermo, speriamo a ottobre, tutti insieme. Non dimentichiamoci che la speranza o è di tutti, o non è speranza.