L'operazione “Piazza Pulita" condotta, nei giorni scorsi, dalla Guardia di Finanza di Salerno, sotto il coordinamento della Procuradi Vallo della Lucania, ha fatto luce sul fallimento della “Yele S.p.a.", società pubblica tra le più importanti della Campania nel settore della gestione dei rifiuti.
Sono indagati in 29 tra amministratori, consulenti e componenti degli organi di vigilanza, sequestrati beni per oltre 20 milioni di euro.
Nel dettaglio, la S.p.a, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbe creato un "buco" di oltre 30 milioni di euro nei bilanci, con grave pregiudizio per i creditori e l'Erario. 45 le ipotesi di reato contestate, che spaziano dalla bancarotta fraudolenta, alla frode fiscale, al peculato, fino al falso in bilancio.
A distanza di anni è stata ricostruita la difficile situazione economica della società consortile, costituita nel 1998 per svolgere il servizio d'igiene urbana in 49 Comuni del basso Cilento. Più dell'80% del capitale sociale della Yele era infatti detenuto dal "Co.Ri.Sal4", consorzio nato per fronteggiare “l’emergenza rifiuti" in Campania.
Per vent'anni l'azienda ha curato, direttamente o tramite cooperative da essa organizzate e coordinate, la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti in un territorio di 1.352 Km2, diventando una delle realtà lavorative di maggior rilievo nel Salernitano, tanto che, tra il 2010 ed i primi mesi del 2017, vantava un organico di 263 unità, tra personale amministrativo e addetti all'attività di raccolta dei rifiuti.
Già a partire dal 2013, però, aveva iniziato a registrare un sensibile aumento dell'esposizione debitoria, in gran parte determinata dalla mancata riscossione, tramite adeguate azioni esecutive, dei crediti, diventati poi inesigibili, nei confronti dei Comuni fruitori del servizio di nettezza urbana.
Indebitamento, questo, destinato a riflettersi anche nei confronti dell'amministrazione finanziaria, a causa delle ricorrenti omissioni sia nel versamento delle imposte dovute sia delle previste ritenute d'acconto, previdenziali ed assistenziali -
Gli inquirenti sostengono che fino al 2014 la Yele aveva regolarmente approvato il bilancio d'esercizio e provveduto al rituale deposito, limitandosi invece, negli anni successivi, ad elaborare i dati contabili, senza mai renderli noti con atti "esterni", in maniera tale da celare ai soci e ai terzi la mala gestio e la scarsa solidità patrimoniale.
La profonda instabilità finanziaria ha così condotto la società dapprima alla liquidazione, disposta dal Tribunale di Napoli nel mese di luglio 2018, e successivamente al fallimento, dichiarato con sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania il successivo 30 ottobre.
Le vicende societarie sono state oggetto di accertamento nell'ambito di 33 diversi procedimenti penali, poi riuniti in un'unica indagine affidata dalla Procura della Repubblica alle fiamme gialle vallesi, che si sono subito concentrate sull'esame dell'imponente mole di documentazione contabile ed extracontabile acquisita durante apposite perquisizioni presso le sedi del consorzio Co.Ri.Sa./4, della s.p.a. e delle cooperative di servizi operanti per conto della stessa.
Dalle indagini sarebbe emersa la inadempienza anche degli obblighi verso istituti di credito e finanziarie che avevano erogato la "cessione del quinto" ai dipendenti della Yele, che invece avrebbe trattenuto le spettanze per scopi propri.
Avendo perso i requisiti di regolarità contributiva prescritti per la contrattazione pubblica, avrebbe affidato, inoltre, parte dei propri servizi, in subappalto, a cooperative create ad hoc, senza la preventiva autorizzazione da parte delle stazioni appaltanti, facendo fronte ai debiti erariali maturati attraverso l'indebita compensazione di crediti inesistenti o comunque non spettanti.
La massa debitoria accertata dai Finanzieri ammonta ad oltre 30 milioni di euro, ai quali devono poi aggiungersi i 10 relativi alle condotte distrattive poste in essere in pregiudizio dei creditori, lavoratori dipendenti, fornitori ed Erario.
Il risparmio derivante dal mancato pagamento delle imposte e delle ritenute sarebbe stato utilizzato dalla società per "auto-finanziarsi", continuando, per anni, una gestione pro domo sua, con la liquidazione di elevati importi per consulenze legali e tecniche e per collaborazioni occasionali, anche non necessarie.
Dalle indagini tecniche svolte dai militari, emerge come il Presidente del Consiglio d'Amministrazione, pur avendo rassegnato le dimissioni, avesse di fatto continuato, ad amministrare la YELE S.p.a., dando disposizioni a dipendenti e dirigenti anche in ordine a tempistiche e pagamenti.
Allo stato, sono stati sequestrati quasi 100 beni immobili, tra fabbricati e terreni, 25 veicoli e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.
Sono tutt'ora in corso le indagini finalizzate all'individuazione e al sequestro, presso gli intermediari finanziari, di eventuali ulteriori liquidità riconducibili agli indagati.